Poche mosse per un ritorno alla Costituzione in tema di immigrazione

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Un nuovo governo potrebbe, con poche mosse essenziali, riportare il nostro Paese nell’alveo dei principi costituzionali in materia di immigrazione.

Innanzitutto si dovrebbero ristabilire, attraverso una seria presentazione dei dati, le esatte proporzioni del fenomeno. Si dovrebbe raccontare con chiarezza che il primo serio controllo degli arrivi via mare è stato realizzato in Italia nel 2017 con il Governo Gentiloni, senza bisogno di criminalizzare le Ong, ma solo chiedendo loro di adottare un codice di autoregolamentazione.

Gli arrivi nel nostro Paese sono passati da quasi 120.000 nel 2017 a poco più di ventimila l’anno seguente. Nel 2017 i salvataggi, grazie alle Ong e alla missione Sophia, sono stati molto importanti e i morti in mare circa 2.800. Nel 2018 i porti sono stati chiusi, l’operazione Sophia è stata interrotta, le Ong sono state messe al bando, gli arrivi ufficiali sono diminuiti, ma sono continuati quelli clandestini o fantasma e, in proporzione, il numero morti in mare è tragicamente aumentato.

Nel 2018, con il Governo Conte-Salvini, è iniziata un’intollerabile fase di propaganda per incancrenire il problema, ma non per risolverlo. I decreti sicurezza, con pesanti profili di incostituzionalità, hanno eliminato la protezione umanitaria, cardine del sistema costituzionale dell’asilo, e aumentato pericolosamente le situazioni di irregolarità, anche attraverso le chiusura di alcuni centri di accoglienza.

Il decreto sicurezza bis ha posto pesantissime sanzioni a carico di chi salva le persone in mare. Il ministro dell’Interno ha tenuto in mare per settimane alcune navi (Diciotti, Mediterranea, Sea watch 3, Open Arms ecc) con a bordo migranti, rifugiati e minori, in dispregio delle più elementari regole internazionali e di umanità. Non si è operato in Europa per superare il Regolamento di Dublino e arrivare a una significativa solidarietà europea. Il problema doveva essere drammatizzato ma non risolto.

Ora è sufficiente eliminare immediatamente dai decreti sicurezza le disposizioni vistosamente incostituzionali. È meglio farlo prima che intervenga la Corte.

È necessario riaprire i porti e concordare con l’Europa una misura elementare. È necessario individuare sulle coste europee del Mediterraneo (Italia, Malta, Grecia e Spagna) una serie di “luoghi europei” di arrivo e di concentrazione delle persone che sbarcano. Questi luoghi devono essere considerati extraterritoriali ed essere sottratti al principio di nazionalità e quindi alle regole di Dublino.

Questi luoghi devono essere amministrati direttamente da personale europeo, devono fornire le prime cure e assistenza, devono consentire l’identificazione e devono imporre ai Paesi europei di effettuare, entro un congruo termine di tempo, una ripartizione equa delle persone, prima ancora di distinguere tra rifugiati e migranti. Sarà più umano fare queste ripartizioni tra persone a terra e assistite, piuttosto che tra ostaggi sulle navi, in porto o nelle acque territoriali, in condizioni igieniche disastrose.

Ci sarà tempo successivamente per affrontare nei vari Paesi le procedure di ritorno, magari volontario e assistito, per coloro che non abbiano diritto di asilo e ci sarà tempo per rivedere le regole di Dublino, magari sulla base della proposta del Parlamento europeo.

Ci sarà tempo per reimpostare una politica dei flussi e dei corridoi umanitari per evitare che le persone debbano mettere a rischio la propria vita imbarcandosi in pericolose attraversate.

Con queste prime mosse si battono realmente gli scafisti e si imposta una politica delle migrazioni, rifuggendo dalla propaganda e dalla paura.


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