“Tutti coloro che sono in pericolo e sono soccorsi in mare vanno qualificati in primo luogo come naufraghi”. La lettera dei professori di diritto internazionale sul caso Sea Watch

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In un’intervista pubblicata il primo luglio dal Corriere, l’avv. Paolo Busco, consulente del Ministero dell’Interno, sostiene la liceità internazionale della decisione del Governo italiano di negare lo sbarco della Sea Wazch:

  1. perché la sovranità degli stati sull’accesso ai porti è stata affermata dalla Corte internazionale di giustizia nel caso Stati Uniti-Nicaragua nel 1986;
  2. perché gli obblighi di soccorso, disposti dalle convenzioni SOLAS del 1974 e SAR del 1979, a carico degli Stati parti non implicherebbero il dovere di far procedere allo sbarco in situazioni del genere, ma solo quello di “prestare assistenza”;
  3. perché queste stesse convenzioni, stabilendo il principio del porto sicuro più vicino, non si riferiscono al fenomeno dell’immigrazione via mare;
  4. perché, semmai, la responsabilità di cooperare al soccorso è di tutti gli Stati della “comunità internazionale”, e, finché la Sea Warch si trovava in acque internazionali, la nave era sottoposta alla esclusiva giurisdizione olandese.

A nostro avviso:

  1. non vi è dubbio che nelle acque interne e nei porti ciascuno Stato eserciti la propria sovranità, beninteso nel rispetto degli obblighi internazionali. Per quanto poi il diritto internazionale non imponga un obbligo di accoglienza, esso di certo impone un obbligo di assistere le persone in difficoltà, in mare. Ebbene: come può uno Stato “prestare assistenza” a una nave carica di naufraghi che si presenti di fronte al proprio porto, se non consentendo uno sbarco, sia pure temporaneo? Ciò, a tacer del fatto che l’art. 3.1.9. della Convenzione SAR, emendata nel 2004 – non “negli anni settanta”! – obbliga gli Stati a cooperare per consentire lo sbarco delle persone in pericolo in un porto sicuro, sollevando il comandante della nave dal proprio obbligo di assistenza;
  2. è poi difficile affermare che le convenzioni SOLAS del 1974 e SAR del 1979 non riguardino i migranti, se solo si considera che entrambe stabiliscono l’obbligo di prestare assistenza a persone in stato di pericolo, senza riguardo alla nazionalità, allo status e alle circostanze nelle quali esse si trovino. Insomma: tutti coloro che sono in pericolo e sono soccorsi in mare vanno qualificati in primo luogo come naufraghi, ed hanno diritto di essere sbarcati in un luogo sicuro, a prescindere

dal fatto che abbiano, o meno, l’intenzione di migrare, com’è attestato, ineguivocabilmente, anche dalla risoluzione A.920(22) dell’Assemblea dell’IMO;

  1. la circostanza che, nel nostro caso, alcuni Stati, inclusi Malta, Olanda ed altri, non abbiano, disdicevolmente, adempiuto al proprio obbligo di cooperazione, non esime poi da responsabilità l’Italia, anche considerando che il porto di Lampedusa era il porto sicuro più vicino, e che nessuna “impossibilità di accogliere” sussisteva in questo caso. In altri termini: è proprio la natura collettiva, “erga omnes” e umanitaria degli obblighi di soccorso — peraltro evocata nell’intervista – ad escludere che l’inadempimento da parte di uno Stato, possa giustificare l’inadempimento da parte di un altro (ai sensi dell’art. 60, par. 4 della Convenzione di Vienna del ’69);
  2. si può infine ritenere, con tanta certezza, che la giurisdizione sulla Sea Wazch in acque internazionali fosse solo olandese? In realtà la decisione (cautelare) della Corte europea dei diritti umani del 25 giugno nulla dice al riguardo, né mancano precedenti in senso contrario. Nel caso “Women on waves”, la stessa Corte ha riconosciuto la giurisdizione portoghese, e la violazione dell’art. 10 da parte del Portogallo, in relazione a fatti riguardanti una nave, in acque internazionali, cui era stato bloccato proprio l’accesso al mare territoriale. Nel notissimo caso “Hirs:”, la giurisdizione dell’Italia è stata riconosciuta in relazione a un’imbarcazione che si trovava in acque internazionali. Come si giustifica allora la giurisdizione esclusiva dell’Olanda, tenuto conto, fra l’altro, che addirittura un tribunale nazionale (il TAR Lazio) si è pronunciato sulla questione, e che la Guardia di finanza aveva notificato alla Sea Warchb il divieto di accesso alle acque territoriali italiana, abbordandola con una “nave di Stato”? O forse si è trattato di “nave di Stato” solo in acque territoriali italiane, e non in acque internazionali, per uno … strano fenomeno di transustanziazione?!

Enzo Cannizzaro
Pasquale De Sena 
Riccardo Pisillo Mazzeschi
Nerina Boschiero
Andrea Cannone
Gabriella Carella
Marina Castellaneta
Giuseppe Cataldi
Carlo Focarelli
Pietro Gargiulo
Edoardo Greppi
Paola Ivaldi
Paolo Palchetti
Marco Pedrazzi
Laura Pineschi
Fausto Pocar
Lorenzo Schiano di Pepe
Tullio Scovazzi
Antonello Tancredi
Ugo Villani

(Professori di Diritto internazionale)


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