Salone del Libro di Torino. Troppa gratuita pubblicità per un editore fascista. Poca attenzione per Halina Birenbaum

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Premessa doverosa, sia pure inutile: persone come Carlo Ginzburg o Zerocalare hanno una caratura etica e professionale, umana, una onestà intellettuale indiscutibile e ammirevole. Detto e ribadito questo: cos’è il Salone del Libro di Torino (ogni Salone del Libro)? Un luogo di incontro di idee, dove hanno cittadinanza tutte le opinioni, finché tali restano. Luoghi per chi ama e legge i libri: che sono, o dovrebbero essere, strumenti di libertà e liberazione.

Dunque: è proprio giusto, liberale, che un editore di estrema destra sia escluso dal Salone del Libro? Le discutibilissime, criticabilissime opinioni di questo editore si contrastano con più efficacia disertando il Salone, o negandogli lo stand, o intervenendo per ribadire idee e concetti opposti? La polemica fatalmente si trasforma in gratuita pubblicità.

Non discuto e non contesto che sia sgradevole la presenza di una casa editrice vicina a Casa Pound, il cui direttore non ha remora a definirsi fascista e cantare le lodi di Mussolini. Una casa editrice che finora era sconosciuta ai più, e che grazie anche a queste polemiche ha ora acquistato una certa notorietà. Una casa editrice nel cui catalogo compare un libro-intervista al ministro dell’Interno Matteo Salvini. Chi si assomiglia si piglia, dice un proverbio. Questo loro pigliarsi è certo un problema; e che riscuota tanto, diffuso consenso, è a dir poco inquietante.

Ma per tornare al Salone del Libro torinese: rispettabilissimi sentimenti e orientamenti di quanti propongono e attuano il boicottaggio; ma confesso che mi convince assai più la scrittrice Michela Murgia: che va al Salone proprio per meglio marcare un preciso impegno antifascista e antirazzista; perché se ci sono i        fascisti è bene non lasciar loro campo libero.

Voltaire ci ricorda che la cosa più stupida è la censura; non invoco silenzio, indifferenza. Incontestabile, tuttavia, che questa vicenda abbia procurato alla casa editrice, al suo editore, al libro del ministro dell’Interno una insperata pubblicità. Da questo punto di vista un risultato opposto a quello che forse si voleva ottenere.

Con un po’ di amarezza constato che tutto questo gran parlare di un editore fascista e delle sue pubblicazioni ha di molto oscurato Halina Birenbaum, sopravvissuta ad Auschwitz, e il suo “messaggio”. E questo mi pare sia un problema.


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