Quadretti familiari per nulla edificanti: ‘Festa di famiglia’ si recita a soggetto

0 0

MILANO – Al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano, le distanze tra palcoscenico e pubblico sono quasi azzerate, perché la platea è disposta in sole 5 file ad anfiteatro, intorno a un ampio spazio in cui gli attori sono a livello degli spettatori, quando non più in basso. E’ una premessa da fare perché in quest’opera dall’architettura ben calibrata e dai contenuti incentrati sulla sopraffazione, il rapporto con il pubblico fa parte dello spettacolo.

Al centro della cavea inizialmente ci sono tre nuclei distinti in cui si sviluppano tre storie di conflitto diverse: da un lato un divano con una moglie seduta e un marito in piedi, che ne è geloso e la maltratta; dall’altro una mamma e una figlia, non in buoni rapporti, che discutono e si sfidano reciprocamente; sullo sfondo un’altra coppia di marito e moglie molto distanti tra loro, freddi e immersi in un dialogo fittizio.

Con un abile gioco di incastri, le tre scene s’intersecano scenicamente, pur restando divise ognuna nel proprio dialogo, anche se presto si ricostituirà un’unità spazio-temporale in cui tutti e sei i personaggi si troveranno a interagire: scopriamo che le tre attrici più giovani sono tutte figlie della più matura, mentre i due uomini sono i compagni di due delle figlie. E’ il 60° compleanno della madre e la famiglia si riunisce per festeggiarla. Il testo è tratto da vari frammenti di Pirandello, cuciti insieme dalle Mitipretese insieme alla maestria di Andrea Camilleri, che però ha sempre riconosciuto che l’idea era già stata molto sviluppata dal collettivo, a partire specialmente dalle vicende di Mommina e Rico Verri, marito e moglie inQuesta sera si recita a soggetto. L’intento di dominio assoluto nei confronti della sua donna da parte di Rico è assoluto, vorrebbe spiare anche i suoi sogni e scrutare i suoi pensieri, e viene a galla anche nel corso della cena: la umilia, la sminuisce sempre, crea gelo da parte degli altri personaggi in scena. D’altronde anche tra Frida e sua madre, tutta intenta a tenere immacolato il ricordo di un marito che l’avrebbe tanto amata, c’è la tensione data da una confessione sconvolgente che la figlia le fa ma che la madre liquida come follia. Si respira aria pesante anche tra Donata, attrice realizzata ma moglie insoddisfatta, e Leone, uomo spiritoso che con la moglie perde tutta la sua voglia di scherzare: “tu vuoi non avere paura”, dirà alla moglie che dichiara il fallimento del loro matrimonio.

La tensione viene spezzata da un paio di “uscite” dal personaggio: un piccolo intoppo in scena, rappresentato da un drappo che non si strappa come dovrebbe, commentato dagli attori come se si trattasse di una prova che viene interrotta e poi ripresa dal punto in cui si era fermata; un attore che s’infuria per un cellulare che suona in sala (peraltro applaudita da parte della platea poco prima infastidita da un vero squillo da tra il pubblico!). Due reinterpretazioni dell’interrogarsi continuo di Pirandello sul rapporto tra verità e finzione scenica, tra maschera e persona? Probabilmente sì, ma con l’effetto anche di risvegliare l’attenzione e valorizzare il rapporto con il pubblico, nel caso del Piccolo Teatro Studio, fisicamente così vicino e così complice.

La violenza nell’ambito familiare è esibita nei dialoghi fittissimi, la sofferenza delle donne è palpabile, compresa quella della madre, che non vuole ammettere il tempo che passa e nega l’abbandono subìto da parte del marito. Anche la fragilità degli uomini è visibile, dietro gli scatti d’ira. La bravura degli attori sta soprattutto nel mantenere un ritmo serrato nei dialoghi, ma essi ci sorprendono anche con canoni e arie articolate in polifonie complesse che creano una certa suggestione, come in una metafora dell’armonia che apparentemente regna, o dovrebbe regnare, nelle famiglie, ma che in realtà cela soprusi inconfessabili, quasi insostenibili, che è meglio negare e cercare di seppellire in qualche recondito angolo di casa. Mai eccellere, potrebbe creare invidie e sospetti. Mai essere sinceri, potrebbe ferire il più fragile di turno.

Nell’opera non c’è uno sviluppo narrativo, ma un dipanarsi delle tante costrizioni cui la convivenza ci forza, tanti quadretti in cui è davvero impossibile non reperire riflessi di inautenticità insiti in tutte le situazioni familiari, che ci costringe in ruoli necessariamente limitanti della nostra sfaccettata identità. Ciò nonostante, lo spettacolo regge e avvince e alla fine, nonostante la violenza sempre sottesa; ci mette di fronte a quanto sia illusorio pensare di poter costruire legami familiari che non siano anche fortemente costrittivi. Solo nelle famiglie della pubblicità fila tutto liscio, peccato che gli spot non durino mai più di una manciata di secondi.

Piccolo Teatro Studio Melato

dal 21 al 26 maggio 2019

Festa di Famiglia

da Luigi Pirandello

testo di Mitipretese

con la collaborazione drammaturgica di Andrea Camilleri

con: Fabio Cocifoglia, Manuela Mandracchia/Corinna Lo Castro, Alvia Reale, Diego Ribon, Sandra Toffolatti, Mariángeles Torres

regia Mitipretese (Mandracchia, Reale, Toffolatti, Torres)


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21