Se Marcello Foa è ebreo, saranno o no affari suoi?

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Come si dice? Domandare e’ lecito, rispondere e’ cortesia. In tempi in cui s’usa fare cosi’ poche domande, e si ottengono ancora meno risposte, figuriamoci se ci si sogna di negare il diritto/dovere di fare domande, di “scavare” per cercare di mettere a fuoco un personaggio, capire una situazione, spiegare un fatto. Non posso tuttavia nascondere un moto di sorpresa, nel leggere la stravagante domanda che un collega che eccelle nella non facile “arte” dell’intervista pone al suo intervistato. Parlo di Stefano Lorenzetto, e dell’intervista curata con il neo-presidente della RAI Marcello Foa. Non entro nel merito del contenuto della lunga chiacchierata. Ognuno pone le domande che crede, ognuno da’ le risposte che ritiene, giudice sia il lettore.

La domanda sorprendente (che ha suscitato un oceano di commenti, per lo pie’ negative), e’ questa: “Lei e’ ebreo? Glielo chiedo solo perche’ i suoi detrattori l’accusano persino di questo”. Cortese, il presidente Foa risponde: “No, sono cattolico come i miei genitori. La mamma, greca, nacque ortodossa. Era ebreo il nonno Egizio, che s’innamoro’ di una cattolica, e la sposo’”.

Un melting pot religioso – il presidente Foa non se n’abbia a male – di irrilevante interesse. Per l’incarico che ricopre potrebbe essere cattolico osservante, oppure senza fede, o seguace di qualsivoglia religione: tutto cio’ rientra nel legittimo, personale credo che ognuno ha il sacrosanto diritto di esercitare e coltivare.

Il “piccolo” episodio e’ comunque indicativo. Prima una doverosa premessa. Non possiamo, e neppure dobbiamo, credere,per rispetto di Foa e di Lorenzetto, che si tratti di una domanda (e di una risposta) posta ad “arte”: per  rassicurare qualche potentato religioso d’oltre Tevere, chissa’, intimoriito per il proliferare della “lobby ebraica” nel mondo dell’informazione (rassicurazione peraltro certamente non richiesta, se un poco si conoscono l’attuale pontefice e i suoi collaboratori).

Dalla domanda si apprende che tra le critiche mosse al presidente Foa c’e’ quella d’essere ebreo. Anzi: “accusa”. C’e’ di che restare increduli, ma se Lorenzetto lo scrive, dobbiamo credere che ci sia, in circolazione, qualche imbecille che si sente in dovere di poter muovere questa “accusa”. Imbecille isolato, si dira’, e forse a ragione. Ma per quanto isolato (e se lo sia davvero non sappiamo) ritiene comunque di poter spudoratamente esternare questa sua cretinata; cosa di per se’ indicative e preoccupante di una situazione, di un “clima”.

Cortese, il presidente Foa risponde, spiega. Ma se avesse semplicemente risposto: “Scusi, ma che razza di domanda mi fa? Se permette quello in cui credo o non credo sono fatti miei”, la risposta sarebbe stata legittima e condivisibile. Ancora: se avesse risposto: “Si’ sono ebreo, vado in Sinagoga e osservo il sabato”, cosa ne avremmo dedotto? E ad altri ci sogneremo, in futuro, di chiedere se siano cattolici, protestanti, o credenti nell’Islam?

Chiedo scusa se attorno a una domanda sicuramente posta senza malizia ho ricamato questo ambaradan. Pero’ non dimentico, non voglio dimenticare, una lezione di sempre, racchiusa nel detto: “Si comincia con l’ebreo, oppure si finisce con l’ebreo, ma dell’ebreo non ci si dimentica mai”.


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