Il carcere può cambiare?

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di Maria Pia Giuffrida (Presidente dell’Associazione Spondé Onlus, già dirigente generale dell’Amministrazione penitenziaria)

Il carcere può cambiare? È una domanda, questa, a cui ho cercato di dare una risposta dal lontano 1979, anno in cui entravo nell’Amministrazione penitenziaria. È una domanda a cui si tenta solitamente di rispondere su diversi piani. Vediamone alcuni.

I “PIANI” DEL SISTEMA PENITENZIARIO
Il piano normativo ha visto il sistema penitenziario ostaggio del pendolarismo politico in un irragionevole rincorrersi di norme diverse e divergenti che hanno spesso tradito lo spirito della riforma e il dettato costituzionale. Norme dettate spesso dalle ideologie prevalenti e ancor più spesso scritte senza alcuna coerenza rispetto all’impianto generale dell’ordinamento penitenziario e alle direttive internazionali che sono e restano cogenti per gli Stati membri dell’Unione europea. Sembra che il legislatore non conosca il sistema dell’esecuzione delle pene intra ed extra murario e lanci delle “innovazioni” che non tengono conto della reale applicabilità delle norme stesse che si inseriscono pertanto a fatica tra altre.
Il piano organizzativo del sistema penitenziario non può non essere considerato un tratto fondamentale del sistema, una variabile che condiziona pesantemente le possibilità di cambiamento: la rigidità organizzativa del sistema è autoreferenziale e subordinata alle esigenze delle categorie professionali. La vita quotidiana degli Istituti penitenziari – in particolare – è scandita dai turni di servizio della polizia penitenziaria. Le attività “trattamentali” sono spesso stritolate dalle logiche della burocrazia e delle turnazioni, di un insieme di “regole penitenziarie” spesso incomprensibili o inutili. Uguale rigidità si riscontra paradossalmente anche nel sistema dell’esecuzione penale esterna, che sul territorio dovrebbe operare e che invece è sovente incastrato nei rassicuranti adempimenti e riti burocratici e doveri d’ufficio.
Il piano delle risorse economiche ci ha fatto assistere al depauperamento dei diversi capitoli di spesa, con momenti di ossigenazione mai sufficienti a garantire il funzionamento del sistema e la gestione delle strutture e della popolazione detenuta. Su tale argomento varrebbe sicuramente la pena di approfondimenti complessi su diversi aspetti di cui cito soltanto l’edilizia penitenziaria, le spese di mantenimento dei detenuti, il lavoro penitenziario, le attività trattamentali. Va citata la situazione critica delle risorse per il sistema extramurario.
Il piano delle risorse umane ha visto, in particolare nell’ultimo decennio, un mancato investimento qualitativo e quantitativo sui quadri dirigenziali (dirigenti di Istituto e di Uepe), un impoverimento generazionale degli organici degli operatori del trattamento (educatori e assistenti sociali), un ricambio degli operatori di polizia penitenziaria di tutti i gradi e livelli funzionali. Sembra che l’attenzione dell’amministrazione sia stata spesso più rivolta alle politiche del personale che alla gestione dei compiti istituzionali legati all’attuazione del dettato normativo nella sua interezza, determinando peraltro una spaccatura tra le diverse categorie diversamente toccate da riforme e da ricadute economiche. È di tutta evidenza la scarsa importanza che viene attribuita al trattamento penitenziario rispetto al sistema della sicurezza e del controllo, poli che dovrebbero… Continua su confronti


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