“Il caporalato uccide, l’indifferenza pure”. Un appello per dire basta allo sfruttamento dei braccianti

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In pochissimi giorni ha raccolto una valanga di adesioni l’appello “Il caporalato uccide, l’indifferenza pure” lanciato dal sociologo Marco Omizzolo e dal magistrato Bruno Giordano e rivolto a tutte le donne e gli uomini di buona volontà perché nessuno volti più lo sguardo dall’altra parte rispetto al terribile fenomeno dello sfruttamento del lavoro in agricoltura. Una mobilitazione culturale cui si sono uniti giornalisti, intellettuali,osservatori; tra i primi a sottoscrivere il documento noi di Articolo 21 che da tempo seguiamo il fenomeno del caporalato,cercando di contribuire al racconto dei ghetti in cui vivono i braccianti nei maggiori distretti agricoli del Paese, in Calabria come in Puglia, nel Lazio, in Sicilia, nel Veneto. Ovunque lo stesso dramma e lo stesso sistema dei prezzi che schiaccia i più deboli.
Riportiamo di nuovo il testo del documento di appello scritto e diffuso subito dopo il secondo, tragico incidente stradale, avvenuto in Puglia.
“Ancora una strage di lavoratori, schiacciati non solo da lamiere accartocciate sulle strade italiane dopo aver raccolto pomodori per due euro l’ora ma dallo sfruttamento da parte di padroni, padrini e sfruttatori vari. Sono lavoratori uccisi dal bisogno, dalla disperazione, da un lavoro lasciato troppo spesso nelle mani del mercato criminale e dall’indifferenza. Ma anche dalle lacrime di coccodrillo di chi dopo ogni strage invoca controlli e (contro)riforme salvo riprecipitare nell’oblio dopo pochi giorni, per poi riparlarne alla strage successiva, dimenticando che nel nostro Paese vi è un morto sul lavoro ogni otto ore e due mila infortunati al giorno: quindi ogni giorno è strage. E ogni giorno aumenta la responsabilità di chi non vede, non sente, ma parla quando si contano i morti. Solo nell’agricoltura sono 430 mila i lavoratori e le lavoratrici sfruttati, di cui 130 mila in condizioni paraschiavistiche. E poi c’è l’edilizia, i trasporti, i servizi etc.
Per questo non facciamo appello alle Istituzioni le quali conoscono i loro doveri e se non li adempiono ne risponderanno davanti a chi democraticamente li giudica e controlla. Vogliamo invece rivolgerci a uomini e donne di buona volontà che non vogliono chiudere gli occhi davanti a un prodotto sottocosto sul banco di un supermercato, dietro il quale c’è una filiera che inizia con il sangue di disperati, migranti e italiani. Chi produce, vende, compra, usa un tale prodotto è l’altro capo dello sfruttamento. E non può più rimanere indifferente.
Facciamo appello ad associazioni, sindacati, persone e organizzazioni che ogni giorno vivono e combattono la violazione di diritti umani, le mafie, il caporalato, la tratta e ne sopportano il peso, vedendo calare ogni anno l’indice di dignità e legalità, dunque di democrazia del Paese.
Non ci stancheremo di ripetere che lo sfruttamento del lavoro, il controllo del territorio e l’umiliazione della persona sono il terreno in cui nascono e crescono le mafie. Così come contro le mafie, non basta chiedere che tutte le istituzioni facciano la loro parte, ma è necessario che ciascuno di noi apra gli occhi e combatta collettivamente perché i diritti non vengano dopo i prezzi, le persone dopo i prodotti, gli interessi economici criminali e illegali prima del lavoro legale.
A questo appello, con idee e fatti, si può aderire scrivendo a ilcaporalatouccide@gmail.com

Bruno Giordano
Marco Omizzolo
Stefania Battustini
Valerio Cataldi
Alessandra Costante
Piero Damosso
Graziella Di Mambro
Danilo De Biasi
Marina Così
Tiziana Ferrario
Beppe Giulietti
Fabiana Martini
Carlo Muscatello
Antonella Napoli
Claudio Paravati
Barbara Scaramucci
Claudio Silvestri
Carlo Verna
Laura Viggiano
Vincenzo Vita
Marcello Zinola


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