Con il taglio dei finanziamenti all’Unrwa si vuole negare il diritto al ritorno dei palestinesi in Palestina

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Il Presidente USA Donald Trump, ha dichiarato venerdì 24 agosto di aver deciso di ridurre di 200 milioni di dollari il Budget per gli aiuti ai Palestinesi, nonostante il Congresso americano avesse approvato uno stanziamento di 250 milioni per il corrente anno fiscale che termina il 30 settembre. Già in gennaio Trump aveva cancellato 65 milioni di dollari.

L’UNRWA (United Nations Relief and Work Agency for Palestinian Refugees), è l’agenzia delle Nazioni Unite istituita nel 1949 per sostenere i rifugiati palestinesi e loro discendenti dopo che Israele li aveva cacciati dalle loro case e dalla terra che avevano abitato per millenni. Da allora l’UNRWA ha svolto un ruolo indispensabile per la loro sopravvivenza nei campi profughi, sparsi soprattutto tra Gaza, Cisgiordania, Siria, Libano e Giordania, attraverso la costruzione ed il finanziamento di servizi sanitari e scolastici, e l’impiego degli stessi palestinesi, considerato che in taluni paesi, come il Libano, essi non possono accedere alla maggior parte delle professioni (i medici, insegnanti e professionisti palestinesi del Libano possono lavorare solo all’interno dei servizi dell’UNRWA), ai diritti civili di base ed avere una abitazione di proprietà.

In totale i rifugiati palestinesi sostenuti dall’UNRWA sono oltre 5 milioni e 350 mila, e comprendono oltre a quelli del ’48 anche quelli cacciati con la guerra del ’67, e i loro discendenti.

L’UNRWA è finanziata quasi completamente dalle donazioni degli Stati che fanno parte dell’ONU e da altre contribuzioni volontarie. Il Budget programmato per i servizi ordinari nel 2017 è di 760 milioni di dollari, ma l’aumento dei conflitti e della instabilità nella regione mediorientale ha fatto lievitare il fabbisogno. Sempre secondo le valutazioni UNRWA, solo per Gaza, ancora alle prese con la mancata ricostruzione dopo il sanguinoso attacco israeliano del 2014, servirebbero 720 milioni di dollari mentre di altri 402 milioni è il fabbisogno richiesto dalle recenti emergenze nei Territori Occupati, soprattutto a Gaza. Infine la guerra in Siria, l’unico paese dove oltre 500 mila Palestinesi erano ben integrati, ha prodotto, tra gli altri, centinaia di migliaia di sfollati palestinesi, per i quali l’UNRWA ha lanciato un appello per 411 milioni di dollari, appello che è stato quasi completamente disatteso.

Il complesso dei donatori (stati e altri) si è impegnato con UNRWA, per l’anno 2017, per un budget complessivo di circa 1 miliardo e 121 milioni in dollari, ma l’esperienza dimostra che gli impegni restano spesso solo sulla carta, e quindi il fabbisogno reale non è finanziato.

Gli Stati Uniti, con 360 milioni di dollari erano il donatore più importante, per cui si comprende che il colpo inferto all’agenzia è molto forte. Ma questo taglio ha una logica e uno scopo ben precisi.
Tale misura, infatti, è propedeutica alla messa in atto della nuova politica americana che mira a cancellare il diritto al ritorno dei rifugiati palestinesi.

Il primo passo consisterebbe nel riconoscere il diritto al ritorno solo per un decimo dei rifugiati, cioè per un po’ più di mezzo milione rispetto al totale di 5 milioni e 350 mila. A tale scopo il Governo statunitense è pronto a disconoscere la Risoluzione dell’Assemblea generale dell’ONU N.302 del 1949, per la quale il diritto al ritorno spetta anche ai discendenti dei rifugiati. Gli aventi diritto sarebbero quindi solo quelli che hanno perso realmente la casa e solo quelli del ’48. L’UNRWA sarebbe quindi ridimensionata nella sua funzione che, secondo l’amministrazione americana e quella israeliana, finora non ha fatto altro che perpetuare la questione dei rifugiati, che tanto angustia Israele, liberandolo dalla preoccupazione che la minoranza (palestinese) possa diventare maggioranza.

Inoltre sarebbero cancellati i fondi per l’attività che UNRWA conduce in Cisgiordania, dove l’agenzia sarebbe sottoposta ad uno stretto controllo da parte di Israele, mentre una parte limitata dei fondi statunitensi, tolti alla stessa, andrebbero a rafforzare il coordinamento per la sicurezza ANP-Israele, cioè andrebbero a sostenere, di fatto, la repressione e l’oppressione che Israele esercita sui Palestinesi. Con questa mossa, la questione dei rifugiati, ritenuta da Israele uno degli scogli più grossi sulla via della soluzione del conflitto, sarebbe eliminato dalle concertazioni future tra le parti sul destino della Palestina. Dopo lo Status di Gerusalemme, anche il diritto al ritorno dei rifugiati sarebbe tolto dall’agenda.

Nel frattempo si stanno esercitando pressioni, sugli stati che ospitano i rifugiati palestinesi, come la Giordania che di Palestinesi ne ha due milioni, affinché venga ad essi tolto lo status di rifugiato e vengano integrati nel paese.

Che i governi, statunitense e israeliano, dopo aver scippato ai Palestinesi la capitale ora vogliono abolire il diritto al ritorno nella loro terra, va contrastato e si spera che l’Unione Europea agisca, almeno questa volta, fermamente. Ma è anche irresponsabile e criminale la scelta di tagliare i fondi all’UNRWA, proprio in un momento in cui il fabbisogno è aumentato e devono essere fronteggiate almeno tre grandi crisi: a Gaza, dove gli ospedali sono al collasso e dove è prossimo il limite della non vivibilità, In Siria dove centinaia di migliaia di profughi palestinesi siriani, per la seconda volta, sono stati privati di tutto e In Libano dove il Governo nega ai profughi palestinesi i diritti civili.

Così Stati Uniti e Israele rispondono alla lunga marcia per il ritorno, abbassando drasticamente i fondi all’UNRWA e negando l’esistenza di milioni di rifugiati, cioè la loro stessa possibilità di esistere in quanto Palestinesi. Come ha detto il Commissario ONU dell’UNRWA, Kraehenbuehl, in un’intervista con la Associated Press, non si possono in un attimo far sparire oltre cinque milioni di persone. L’UNRWA dovrà cessare, ma solo quando ai Palestinesi saranno riconosciuti uguali diritti civili e politici, In Palestina o nei paesi della diaspora, oltre al diritto di poter ritornare nella propria terra.

Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese


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