Il governo fa la voce grossa. La Ue, cambi musica. Ma la nostra economia traballa

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I precari sfiorano i tre milioni. L’incubo dell’aumento dell’Iva. Il debito da saldare. La legge di Bilancio

Di Alessandro Cardulli

Ormai non c’è più niente da fare. L’istat continua a sfornare dati ottimistici sullo stato della nostra economia. Ogni trimestre l’occupazione, un indicatore fondamentale, o cresce o, nei casi peggiori, rimane sostanzialmente stabile. Per quanto riguarda i primi tre mesi del 2018 vale la seconda ipotesi, quella della stabilità rispetto al trimestre precedente. Se prendiamo per riferimento il trimestre dell’anno passato gli occupati sono ben 147 mila in più. Il tasso di disoccupazione resta, dice sempre Istat, sostanzialmente invariato all’11,2. In verità aumenta dello 0,1%, ma lasciamo perdere. Continui a leggere e scopri che gli occupati in più, 69 mila, sono a tempo determinato, precari cioè. Sono diminuiti i dipendenti a tempo indeterminato, -23 mila, e gli indipendenti, -37 mila. Basta fare un semplice calcolo e si scopre che i dipendenti a termine sono aumentati di 385 mila unità. Sarebbe interessante se Istat rendesse conto del monte salari e delle ore lavorate. Quello che ci offre è invece un quadro complessivo della situazione. Gli occupati sono 23.081.000 (dati destagionalizzati). Gli occupati dipendenti sono 17.818.000 (+0,3% sul trimestre precedente, +1,9% rispetto al primo trimestre 2017). I lavoratori a tempo indeterminato sono 14.895.000 con un calo dello 0,2% sul trimestre precedente e dello 0,3% sul primo trimestre 2017. I lavoratori a termine sfiorano quota tre milioni (2.923.000) con una crescita del 2,4% sul trimestre precedente e del 16,2% sul primo trimestre del 2017. Il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni è al 58,2%, invariato sul trimestre precedente e in aumento sul primo trimestre del 2017, è la sintesi della crescita per i 15-34enni (+0,3 punti) e i 50-64enni (+0,1 punti) e del calo per i 35-49enni (-0,2 punti). Calano ancora gli inattivi. Il tasso di disoccupazione nel primo trimestre 2018 è all’11,1% con una crescita di 0,1 punti rispetto al trimestre precedente ed un calo di 0,5 punti rispetto allo stesso periodo del 2017. I disoccupati, spiega l’istituto di statistica, sono 2 milioni 893 mila (dato destagionalizzato). Per quanto riguarda le ore lavorate si registra una diminuzione dello 0,7.

Il “summit” a Palazzo Chigi per definire la “strategia” che non c’è

Questi dati sono conosciuti dal governo? Ne hanno parlato nel ”summit” che si è svolto a Palazzo Chigi, il presidente Conte, il ministro duplex Lavoro e Sviluppo, leggi Di Maio, quello dell’Economia Tria, Savona ministro degli Affari europei? Si sono riuniti per definire le priorità dell’azione di governo e un primo esame, così le notizie filtrate da Palazzo Chigi, in vista del Def, il documento di Economia e Finanza che verrà concordato con la maggioranza e presentato in Parlamento la prossima settimana. Def che è stato varato il 26 aprile dal governo Gentiloni, approvato dalla Supercommissione parlamentare che si limita a fotografare la situazione non potendo, ovviamente, prendere impegni che sono di competenza del governo che sarebbe stato nominato dopo le elezioni, quello Conte,  che ora, in primo luogo deve intervenire contro l’aumento delle aliquote Iva, trovando le coperture per sterilizzare la clausola  di salvaguardia come promesso dal vicepremier Di Maio alla assemblea di Confcommercio. È previsto un “pacchetto da incubo”: l’IVA ridotta del 10% passerà nel 2019 all’11,5% e nel 2020 al 13% mentre quella ordinaria del 22% passerà dal 24,2% l’anno prossimo al 24,9% nel 2020 fino al 25% del 2021. Nella nota di accompagnamento al Def le clausole di salvaguardia che comporterebbero l’aumento dell’IVA “sono tenute dentro, nell’aspettativa – dice Padoan – che, come in passato, il prossimo governo presenti misure per rimuoverle”.

Vincenzo Visco: flessibilità richiesta male utilizzata. Impegni non rispettati

Dice Vincenzo Visco, presidente di Nens: “L’Italia non è stata in grado di rispettare gli impegni assunti, e non solo per colpa delle politiche di austerity, e che è politicamente molto debole. Quello che sarebbe, e sarebbe stato, necessario, non è mettere in discussione gli impegni assunti chiedendo comprensione e ‘flessibilità’, peraltro male utilizzata, bensì creare dibattito, cercare alleanze, avanzare proposte, contestare le scelte sbagliate, ma senza illudersi che esistano facili scorciatoie. Quanto accaduto allo spread e in borsa nei giorni passati, è lì a ricordarcelo. La Germania ha le sue colpe, ma in Europa nessuno è innocente”. L’aumento dell’Iva, in soldoni, significherebbe dire addio alla ripresa, già barcollante, che perde pezzi.

Ma dal vertice tenuto a Palazzo Chigi, stando a fonti del governo, neppure l’ombra di una discussione sui problemi reali della nostra economia, di una crisi che solo in apparenza appariva, o si faceva apparire, come risolta. Anzi, il tema al centro del vertice sarebbe stato il rapporto con l’Europa. Non basta il gioco sporco, squallido sulla pelle dei migranti, non bastano gli attacchi sgangherati di un Salvini, il vero  capo del governo, a tutto e a tutti, in combutta con i suoi amici, primo fra tutti Orban, il leader ungherese a  capo della destra reazionaria. La volontà dell’esecutivo, dicono le fonti di Palazzo Chigi, “è quella di cambiare atteggiamento, perché la musica con la Ue deve cambiare”. Capita spesso che chi va per suonare resti suonato. Perché a settembre quando si dovranno fare i conti, aggiornando la legge di bilancio, sarà difficile che la musica cambi.

Bce. Fine graduale del “quantitative easing”. Difficoltà per la nostra economia

Tanto più che la politica della Banca centrale europea, il quantitative easing, prevede la fine degli acquisti di Bond. Il 14 giugno a Riga si terrà la riunione determinante del Comitato esecutivo della Bce per decidere una “graduale uscita dagli acquisti netti” come affermato dal membro dell’esecutivo Peter Praet, cui il presidente Mario Draghi ha fatto più volte riferimento. Lo stesso numero uno della Bundesbank, Jens Weidmann, ha definito “plausibili” le aspettative sull’azzeramento degli acquisti del Qe entro il 2018. Quando cesseranno gli acquisti del Qe, l’Italia dovrà vedersela da sola con gli investitori internazionali che faranno pesare il debito pubblico del nostro paese (2.302 miliardi di euro) sulla bilancia delle aste durante le quali vengono collocati i titoli di stato.  Altro che “musica che deve cambiare”, come fanno sapere quelli riuniti a Palazzo Chigi. Proprio a fine mese ci sono importanti riunioni della Ue cui occorre partecipare ponendo problemi reali. Ignazio Visco il governatore di Bankitalia nelle recenti “considerazioni finali” ha detto che nella Ue “la fiducia nell’Italia è grande sul piano economico e su quello civile”. Ha affermato che “il destino dell’Italia è quello dell’Europa” il cui sviluppo “determina il nostro e allo stesso tempo ne dipende”. È dunque importante che “la voce dell’Italia sia autorevole nei contesti dove si deciderà il futuro dell’Unione europea”, come ad esempio il Consiglio europeo in programma a fine giugno dove sono in discussione temi come la governance dell’Unione, il suo bilancio pluriennale, la revisione della regolamentazione finanziaria.

L’Ocse ha diffuso i dati relativi al  Pil nei paesi del G20  che  è passato dal +1% del quarto trimestre 2017 a +0,9% nel primo trimestre di quest’anno. La ripresa ha frenato in Italia, dove il Pil rallenta da +0,4% a +0,3%. In Francia e Germania la crescita ha frenato ancora di più. In Francia è scesa da +0,7% a +0,25 e in Germania è passata da +0,6% a +0,3%. Rallentano anche gli Usa che passano da +0,7% a +0,5% e la Cina (da +1,6% a +1,4%). Di segno opposto l’andamento dell’economia in Corea del Sud, dove si passa da +0,1 a +1%, in Messico (da +0,9% a +1,1%) e in Brasile (da +0,2% a +0,4%).

Bankitalia. Per ridurre il debito non vi sono scorciatoie. Disavanzo: aumento non utile

Essenziale, dice Visco, “è conservare la credibilità del processo di consolidamento dei conti pubblici”. Poi un monito rivolto in particolare a Lega e Movimento 5 Stelle.   in una fase espansiva, e con la politica monetaria ancora  accomodante della Bce di Mario Draghi, ma come abbiamo detto, destinata a cambiare di segno, “non è utile aumentare il disavanzo. Accrescere il debito vuol dire accollare sulle  generazioni che verranno quello che oggi non si vuol pagare”. Ancora: per ridurre il debito “non vi sono scorciatoie. Se venisse a repentaglio il valore dei risparmi dei cittadini, i risparmiatori reagirebbero fuggendo, cercando altrove riparo. E gli investitori stranieri sarebbero più rapidi”. Uno scenario che metterebbe a rischio la stabilità del paese. Una cosa che dovrebbe capire perfino Salvini. Comunque qualcuno glielo faccia capire.

Da jobsnews


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