Minacce al giornalista Simone Di Meo. Articolo21: comuni cosentini presentino suo libro “Gotham City”.

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“Si, mi sono spaventato”. E’ la prima frase che pronuncia con noi al telefono Simone Di Meo, il collega collaboratore de “Il Giornale” e del settimanale “Panorama”, vittima di una vera e propria intimidazione durante la presentazione del suo libro “Gotham City”. Il fatto è accaduto a Praia a Mare, in provincia di Cosenza, nella parte tirrenica della Calabria a pochi chilometri dal confine con la Basilicata, nella cosiddetta “Riviera dei Cedri”. Di Meo era ospite della rassegna “A Praia a Mare con…” , organizzata dal giornalista Egidio Lorito, manifestazione che nei prossimi giorni vedrà tra i partecipanti anche il procuratore antimafia Nicola Gratteri. A metà dell’incontro, dopo aver raccontato ciò che fanno i baby camorristi durante le cosiddette “stese”, le uscite in motorino per seminare terrore con pistole e mitra in alcuni quartieri di Napoli, e aver stigmatizzato le parole di uno di questi piccoli criminali che appena commesso un omicidio invita gli altri a farsi un panino, è stato interrotto da una persona che ha cercato di non far proseguire l’incontro. Ed è finita con l’autore che ha lasciato piazza Italia scortato dalle forze dell’ordine.
“Avevo appena detto che chi ha comportamenti del genere difficilmente può essere recuperato – racconta Di Meo – per questo è bene che stia in galera. Immediatamente questo signore ha iniziato ad inveire contro di me dicendo che raccontavo cose non vere”.

Ma questo signore è stato identificato?
“No, perché si è allontanato con l’arrivo dei carabinieri, chiamati dal direttore della rassegna Egidio Lorito. Anzi si era già allontanato in un primo momento, ma in piazza erano rimaste altre persone che evidentemente erano con lui, perché ogni volta che provavo a raccontare il contenuto del libro fischiavano e urlavano contro di me”.

Ma poi il capo di questa “teppaglia” è tornato sui suoi passi.
“Certo, ed ha iniziato con la solita retorica, cioè questi sono libri che gettano discredito su Napoli e sulla Campania, sostenendo che Jenny Casarano, vittima di una di queste “stese”, era un camorrista, e che Gelsomina Verde, torturata, il cui corpo è stato bruciato, se l’è andata a cercare”.

Invece nel tuo libro racconti fatti completamente differenti.
“Ho messo tanto impegno per questo lavoro ho letto pagine e pagine di carte processuali, sono entrato in contatto con delle realtà difficili di alcuni quartieri, parlando con la gente ed anche con alcuni ragazzi che fanno parte di queste baby gang, proprio per capire meglio in quale contesto maturano determinate scelte. Per questo sono convinto che chi mi ha contestato evidentemente è vicino a queste realtà”.

Anche perché ha dichiarato di essere di Melito di Napoli.
“Ed è questa la cosa che a me preoccupa, perché Melito di Napoli è a pochi chilometri da casa mia ed è la zona del clan Di Lauro su cui ho scritto tantissimi articoli”.

Quelli che erano presenti in piazza come hanno reagito?
“Molti si sono allontanati, solo alcune persone anziane hanno invitato quei personaggi a fare silenzio perché volevano continuare ad ascoltare le cose che raccontavo. Gli stessi che alla fine hanno acquistato il libro chiedendomi una dedica”.

Su quanto accaduto a Simone Di Meo c’è anche da segnalare una dura nota del sindacato dei giornalisti della Campania che in un comunicato, oltre ad esprimere solidarietà al collega, si augura che presto queste persone vengano identificate per rispondere delle loro minacce e lancia l’allarme per il clima intimidatorio nel quale i cronisti sono costretti a lavorare. Anche il sindacato dei giornalisti della Calabria solidarizza con il collega campano ed invita le forze dell’ordine a fare piena luce su quanto accaduto.
Noi come Articolo21 invitiamo i sindaci o le associazioni presenti in quella fascia di territorio della Provincia di Cosenza denominata “Riviera dei Cedri”, ad organizzare nel proprio comune una serata per presentare il libro “Gotham City” di Di Meo. Sarà un modo per far conoscere una realtà difficile e preoccupante del nostro paese, come quella dei baby camorristi, ma sarà anche un modo per non lasciare soli tutti quei cronisti, come Simone, che raccontano, spesso sotto continue minacce, le tante realtà difficili dei territori in cui operano.


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