Genocidio e fosse comuni in Congo Brazzaville

0 0

L’ONU ha lanciato una richiesta di aiuto per l’assistenza umanitaria di 138 mila tra uomini, donne e bambini, in fuga dal Dipartimento del Pool in Congo Brazzaville. Le Nazioni Unite hanno chiesto fondi per 23,7 milioni di dollari per finanziare una risposta umanitaria urgente in aiuto alle migliaia di sfollati che fuggono dal conflitto tra ribelli e regolari. Si tratta di esseri umani vulnerabili che hanno bisogno di sicurezza alimentare, acqua, protezione, educazione. Il tasso di malnutrizione, anche tra i bambini di meno di cinque anni, sfiora il 20%. Affianco all’intervento umanitario si cercherà anche di dar vita ad una soluzione durevole di pace. Le fonti da noi raggiunte sul posto, tuttavia, denunciano l’esistenza di fosse comuni e indicibili crimini contro l’umanità tenuti nascosti dal governo in vista delle elezioni parlamentari concluse col ballottaggio lo scorso 30 luglio e invocano un’indagine internazionale per genocidio.

Del caso si è occupata anche la rubrica “Africa Oggi” di Radio Radicale, venerdì 28 luglio, quando è stato intervistato Andrea Mazzella, Ambasciatore italiano in Congo Brazzaville, che ha lanciato l’allarme umanitario anche nel nostro Paese.

Quella nel Dipartimento Pool del Congo Brazzaville è una guerra civile di cui fino ad ora si è saputo molto poco anche perché le autorità centrali hanno sin qui impedito l’ingresso nell’area alle ONG e minimizzato la portata degli scontri riconducendoli a brigantaggio locale. Ma le cose non sembra affatto che stiano così e la repressione ha assunto livelli gravissimi di ferocia.

Gli scontri sono esplosi il 4 aprile 2016, ma per comprenderne le origini occorre risalire di più nel tempo.

Stretto tra Gabon, a nord, e Repubblica Democratica del Congo, a sud, lo Stato di Congo Brazzaville risale dall’Oceano Atlantico, dove si affaccia con l’importante porto di Pointe Noire, verso gli altipiani del Camerun e della Repubblica Centro Africana occupando un territorio tagliato dall’Equatore, solcato dal fiume Congo, occupato per il 65% da foreste equatoriali, abitato da circa 4 milioni di persone e suddiviso in 12 Dipartimenti. Il Congo Brazzaville deve il suo nome all’esploratore italiano Pietro Savorgnan di Brazzà, nato a Roma nel 1852, naturalizzato francese e morto a Dakar nel 1905. Come tutti gli Stati africani, anche il Congo Brazzaville ha attraversato recentemente una guerra civile a sfondo etnico che, iniziata nel 1993, si era sopita nel 2002, quando la minoranza Mbochi ha conquistato posizioni politiche preminenti con a capo Denis Sassou Nguesso che, da allora, ha governato ininterrottamente e con piglio autoritario sulle altre etnie.

Seppure è vero che sotto la presidenza di Nguesso il Congo Brazzaville ha conosciuto un forte sviluppo economico di cui, oltre alla Francia, si sta avvantaggiando anche l’Italia – che è presente soprattutto dal 2014 con le sue imprese di maggior prestigio, dall’ENI a Leonardo, per interventi sulle infrastrutture portuali, ferroviarie e abitative – è anche vero che si è sviluppato, sul regime presidenziale, un forte personalismo che ha portato Nguesso a promuovere un referendum di modifica costituzionale che gli ha permesso di vincere, nel marzo 2016, le elezioni per un terzo mandato. Alla vigilia della sua proclamazione, ci fu una violenta ribellione a sud di Brazzaville che l’esercito regolare tentò di stroncare il 4 aprile 2016.

I ribelli avrebbero voluto come Presidente l’ex primo ministro Bernard Kolelas che aveva ottenuto il 15% dei voti, mentre Denis Sassou Nguesso è stato rieletto col 60% dei suffragi.

Da quel giorno è esplosa la guerriglia nel Dipartimento del Pool, una vasta area che ha come capitale Kinkala e che prende il nome dal lago Pool Malebo formatosi lungo il corso del fiume Congo.

I guerriglieri, di etnia Laris e Bakongo, una derivazione dei Bantu, lamentano l’esclusione dall’attività politica che si riflette, anche e soprattutto, nell’accesso al lavoro e alla produttività e, per la vocazione sociale della loro missione, si fanno chiamare “Ninja”, dal nome delle spie combattenti giapponesi del medioevo che osservavano regole di massima segretezza. Per questi caratteri della loro missione i guerriglieri Ninja del sud congolese, ispirati dal clero protestante Frédéric Bintsamou (detto anche Pastore Ntumi) che li aveva già guidati durante la precedente guerra civile, si sono rafforzati e hanno potuto mettere a segno una serie di azioni terroristiche di rilievo, facendo saltare i ponti che collegano Brazzaville al porto di Pointe Noire e conducendo numerosi attacchi a convogli commerciali e militari.

Il governo ha reagito con forza dando vita ad una repressione feroce e sanguinaria.

Dall’aprile 2016 la popolazione del Dipartimento, stimata in circa 350 mila persone, è rimasta decimata ed è così che, per sfuggire alle quotidiane violenze di tutti i tipi, si sono creati i circa 140 mila sfollati per i quali oggi, finalmente, si è attivata l’ONU.


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21