La denuncia dell’italiano che ha combattuto nel YPG contro ISIS: “Civili usati come scudi umani da Daesh”

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Paolo Pachino è uno degli italiani che ha volontariamente imbracciato le armi, partendo dall’Italia, per combattere al fianco delle forze armate YPG (Unità di Protezione Popolare) nel Rojava. Una guerra contro l’Isis per bloccarlo, braccarlo e liberare le tante città e villaggi sotto il controllo violento di Daesh. Una guerra per staccare le catene di centinaia di innocenti tenuti prigionieri dall’ autoproclamato Stato Islamico che, da tempo, fa tremare l’Occidente con i sanguinari attentati terroristici.

Abbiamo intervistato Paolo per avere uno scenario chiaro di cosa succede ai confini del Kurdistan Siriano in una guerra che vede incluse varie potenze internazionali e che ci riguarda sempre più da vicino.

Cosa ti ha spinto ad imbracciare le armi con l’esercito YPG?
Ero andato un anno e mezzo fa dalle parti di Raqqa, ho visto come viveva il popolo che lottava per la libertà, non schierati né con Assad, né con i ribelli. Lottano per l’indipendenza e per una vita libera da dittatura e patriarcato. Questo mi ha spinto ad andare lì per combattere al fianco di chi voleva liberare la gente e la popolazione siriana.

Quali sono i progressi che sono stati fatti durante queste battaglie?
Da quando è iniziata la rivoluzione del Rojava molti progressi sono stati fatti grazie all’intervento del YPG e YPJ. Sono stati liberati migliaia di chilometri quadrati occupati da Daesh, liberando quindi civili tenuti prigionieri e sotto il controllo dell’Isis.

I diritti violati durante i combattimenti, quali e da parte di chi?
La tattica maggiormente usata dall’esercito di Daesh è usare i civili come scudi umani, questo ci metteva in difficoltà perché l’etica che vige nelle forze armate dell’YPG vieta di uccidere “a caso”. Si evita lo spargimento di sangue non strettamente necessario. Persino quando sono stati catturati uomini di Daesh, se feriti venivano curati.
Le milizie di YPG e YPJ sacrificano anzi la loro vita pur di non colpire innocenti, la popolazione civile proprio perché mirano alla loro liberazione.

La coalizione statunitense è stata al fianco delle forze YPG e YPJ, adesso con la presidenza Trump pensi che lo scenario cambierà?

Diciamo che adesso la coalizione dà supporto  aereo per evitare che vengono bombardate zone civili “a caso”,  noi forniamo loro coordinate per far bombardare solo zone militari di Daesh. Ovviamente ora è solo un appoggio di facciata che ogni stato presenta in questa guerra siriana. Cambieranno molte cose dopo l’operazione Raqqa. Ora il nemico comune è ISIS, tuttavia i nemici sono tanti, molte potenze internazionali sono coinvolte e molte di queste non ci appoggeranno per la rivoluzione del Rojava. E’ solo alleanza militare, ma non politica.

Si è parlato molto di guerriglieri mercenari, cosa mi dici a riguardo?

Nelle forze armate YPG e YPJ non ci sono combattenti mercenari, nessuno prende uno stipendio mensile, si combatte per degli ideali, si combatte con il cuore, per la gente. Poi vi è anche l’esercito regolare, pagato dai governi, per combattere Daesh, come i Peshmerga di Barzani.

Eppure è nel silenzio mediatico che nostri giovani volontari partono verso un’unica meta, quella della liberazione dal terrorismo. Una battaglia, questa, troppo grande per restarsene accucciata sotto la coltre di silenzi complici. La libertà sa urlare forte.


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