Alitalia. Cinismo del premier e dei ministri. La prospettiva del fallimento sempre più vicina.

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Renzi finge di defilarsi. Il sindaco di Fiumicino: ignorato il progetto del Comune. Da “Repubblica” sgangherato attacco ai sindacati

Di Alessandro cardulli

Proviamo un senso di profondo disagio leggendo le notizie che si susseguono sulla sorte dell’Alitalia. Parlano il presidente del Consiglio,  Gentiloni e l’ex Renzi Matteo, ministri come  Calenda, Poletti, Delrio, manager e consiglieri di amministrazione di  Alitalia, dirigenti dell’Enac, intervengono giornalisti che raccontano il dramma di alcune decine di migliaia di lavoratori, di un intero territorio, Fiumicino,  Ostia, Roma, ove operano i dipendenti di aziende dell’indotto, come si trattasse di un episodio di cronaca nera. Alcuni, in particolare lo scriba di Repubblica, sfogano una libido antisindacale degna di miglior causa. Certo le tre Confederazioni e l’Ugl portano responsabilità, hanno commesso errori di valutazione rispetto al piano industriale. Non  è un caso che Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, lo ripetiamo, ora parli della necessità di un “piano industriale credibile sostenuto anche dalle banche  e dal governo, con l’ingresso di Cassa depositi e prestiti”. Aggiunge Camusso alla dichiarazione rilasciata a caldo: “Bisogna chiedere che si riapra la discussione sul piano industriale, che è stato segnato dalla sfiducia dei lavoratori e da un gruppo che ha seguito tre ristrutturazioni successive, tutte con esiti fallimentari. Oggi ancora paghiamo e scontiamo le privatizzazioni così come sono state fatte nel nostro paese, che si dimostrano disastrose anche a distanza di anni”.

Camusso. Si rischia la perdita di un significativo patrimonio industriale

Camusso conclude sottolineando che l’amministrazione straordinaria e la messa in liquidazione dell’azienda “significa la perdita di un patrimonio industriale per il paese, cosa che dobbiamo prima di tutto mantenere. Ma serve un piano industriale differente”. Invece i ministri sono intenti a dissertare su commissariamento, cassa integrazione, procedura per l’amministrazione straordinaria speciale che sarà formalizzata dall’assemblea dei soci che si svolgerà martedì 2 maggio. Il governo nominerà uno o più (fino a tre) commissari, il cui compito sarà quello di cercare acquirenti o nuovi investitori, in assenza dei quali si procederà al fallimento. Il governo insomma se ne laverà le mani. I sindacati non chiedono la  luna nel pozzo. Carmelo Barbagallo, segretario generale della Uil sostiene la necessità di prendere “un po’ di tempo per ragionare” prima del commissariamento, partendo dalla riduzione dei sovracosti e dall’eliminazione degli sprechi”. La segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, parla di  un rilancio della compagnia: “Il tema – dice – è come portare fuori dal guado un’impresa fondamentale per il sistema Paese”. Il ministro Calenda se la cava mettendo a disposizione 300-400 milioni per consentire ad Alitalia di sopravvivere per sei mesi mantenendo  gli impegni presi con gli utenti, prenotazioni viaggi in particolare. Se non andiamo errati questi milioni erano già previsti nel Def.

Dai media criminalizzazione dei lavoratori. In fondo è solo una azienda che se ne va

Torniamo così ai nostri scriba che criminalizzano i lavoratori Alitalia, una sorta di furbetti del quartierino che hanno votato no contando sul fatto che esisteva un piano B, la nazionalizzazione. Chi dei suoi mal è cagion pianga se stesso, dice il poeta. Così adombrano scriba sapientoni, retro scenisti da strapazzo. Il “nostro” di Repubblica addebita a Cgil, Cisl, Uil, un errore di fondo, quello di aver indetto il referendum, scaricando sui lavoratori “l’ultima parola, (decisiva) sul futuro di una grande impresa privata”. Ancora: “Il referendum  è diventato così una fuga dalla responsabilità, dalla fatica di scegliere, quasi un’autodifesa”. Non c’era da aspettarsi di meglio da chi scrive “il no dei lavoratori dell’Alitalia è stato anche un no ai sindacati. Un voto della base contro il vertice, la sconfessione di un gruppo dirigente autoreferenziale, prigioniero dei propri riti, intrappolato nella conservazione di sé, concentrato nella difesa di quello spicchio di potere che ancora riesce ad esercitare, burocratizzato”. Parole pesanti rivolte ad organizzazioni che, certo non  immuni da critiche, sono un punto di forza della nostra democrazia. Lo scriba dovrebbe sapere che il referendum che chiama i lavoratori ad esprimersi, così come il voto in assemblea, non sono uno “scaricabarile” ma uno strumento fondamentale della democrazia sindacale. Ma poi in fondo, scrive il nostro, non è la prima volta che lavoratori perdono il posto, che aziende chiudono. “Alitalia – scrive il castigamatti dei sindacati e dei lavoratori – non sarebbe né la prima né l’ultima ad andare a ramengo”. Ogni commento è superfluo. Del resto, ci domandiamo, cosa c’è da aspettarsi da poveri cronisti dal momento che presidenti del consiglio, ministri, manager super pagati di fronte ad un dramma, perché l’eventuale fallimento di  Alitalia, e questo vale per la chiusura di qualsiasi azienda, la più grande e la più minuscola, riguarda donne, uomini che perdono l’elemento più prezioso della loro vita, il lavoro. Cinismo è l’unica parola che possiamo gridare, bugiardi perché raccontano balle. Mentono sapendo  di mentire. Renzi è più bravo di loro. Ha bisogno di prendere tempo, le primarie incombono. Proprio ora mi chiudete Alitalia? Cercate altre  strade.  “La questione non può essere affrontata con questo   approccio ideologico”, dice ai suoi collaboratori. Non comprendiamo cosa sia l’approccio ideologico, ma lasciamo perdere. Renzi Matteo è come Arlecchino che scherzando si confessa. Dice una cosa vera: che non c’è solo la nazionalizzazione da mettere in campo. Ci sono altre strade. Lo stesso  Orfini Matteo, clone dell’ex premier, dice che il fallimento “sarebbe sbagliato considerarlo un esito ineluttabile e prima di accettarlo occorre verificare con attenzione ogni possibile alternativa”. Che ci siano “soluzioni alternative” lo dice anche il presidente della regione Lazio, Nicola Zingaretti, preoccupato per le pesantissime ripercussioni sull’indotto e su tutto il sistema aeroportuale di Roma e del Lazio.

Un piano dell’azienda inefficace, sfiducia di fondo dei dipendenti

Non solo ci sono, ma il governo aveva  ed ha l’obbligo di conoscerle. Scende in campo il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, parla di “un piano aziendale  irricevibile”, ricorda che il Consiglio comunale ha approvato una mozione che contiene una “ proposta di merito per il rilancio della nostra ex compagnia”. Ricorda di aver inviato questo “atto” al presidente Gentiloni, ai massimi vertici istituzionali del governo e della Regione Lazio, che è a conoscenza della Commissione Sviluppo economico della Regione Lazio e che vede la partecipazione, nel 51% di Alitalia, delle più importanti società partecipate dello Stato italiano che operano nel settore Trasporti (Ferrovie dello Stato), Ingegneria (Finmeccanica) ed Energia (Eni). Ferrovie – è scritto nel documento – può creare un vero e proprio sistema della mobilità in Italia e garantirebbe l’adeguamento del servizio di coincidenze dei trasporti cielo-terra fino ad evitare sovrapposizioni di tratte aeree e ferroviarie. Finmeccanica potrebbe costituire un vero e proprio polo internazionale delle manutenzioni e ammodernamento delle flotte aeree, non solo per Alitalia ma anche per le piccole e medie compagnie internazionali. Eni, azienda leader a livello mondiale nel settore petrolifero, assicurerebbe i migliori prezzi del mercato per i rifornimenti e porterebbe la propria esperienza nella gestione delle risorse di carburanti – sostiene Montino – che non disperda conoscenze e professionalità maturate negli anni”.

Intervistato da Radio Cusano Campus afferma: “I ministri sbagliando, perché non si entra a gamba tesa in una contrattazione, adesso rinfacciano il voto ai lavoratori e dicono che il tema riguarda solo loro. Invece riguarda tutti, in primo luogo il governo. Francesi, tedeschi, spagnoli si metterebbero a ridere se qualcuno gli dicesse di abbandonare la compagnia di bandiera”. “C’è stato un piano inefficace e i lavoratori avevano una sfiducia di fondo. Il loro voto è legato proprio alla consapevolezza che era il ripetersi di una situazione già vissuta. Dico ai ministri: adesso è l’ora del silenzio, di rimboccarsi le maniche e vedere che tipo di soluzione adottare per uscire dalla crisi. E non bisogna fare il commissariamento perché si crea una psicosi generale che porta inevitabilmente che siamo in una situazione pre-fallimentare. Chiedo ai ministri: voi fareste la prenotazione di 3000 euro per viaggiare verso gli Usa con una compagnia che ad agosto non si sa se potrà volare? Non continuiamo a dire stupidaggini. Il primo tema è fare uno sforzo economico, che ci consente l’Europa, si garantiscano 4-5 mesi di volo per fare la stagione più redditizia, nello stesso tempo si faccia un tavolo serio per affrontare i vari nodi. Noi abbiamo fatto una proposta, chi ha altre proposte le facesse e iniziamo a discutere.

Montino: vogliamo essere al tavolo della discussione istituzionale

Noi pretendiamo di essere al tavolo della discussione istituzionale. Ognuno vuole dire la sua, ognuno pensa di fare il primo della classe, di dimostrare non si sa bene cosa. Qui bisogna avere il senso dello Stato, dell’appartenenza. Non si affrontano le questioni con battute da bar”. Conclude Montino: “E’ mai possibile che noi abbandoniamo di colpo un’azienda perché non siamo capaci di trovare un gruppo magari che venga da Giappone, o Australia, che parli di aerei che sappia fare il manager di un’azienda ? E invece troviamo invenzioni… uno che viene dalla Rai, un altro che viene dalle corse delle macchine. Come  è pensabile che non ci sia uno specialismo su ogni settore?”.

Sempre su Radio Cusano Stefano Fassina , esponente di Sinistra Italiana afferma che “I lavoratori di Alitalia hanno fatto una scelta dolorosissima, non perché siano poco disponibili ai sacrifici. Il punto è che ancora una volta i sacrifici venivano chiesti solo ai lavoratori e senza un piano industriale credibile e in assenza di un management adeguato. Questo il punto di fondo che tanti commentatori che se la prendono con i lavoratori non vedono.

Fassina. Il governo sbaglia clamorosamente. L’azienda può essere rilanciata

Non c’è un piano industriale e ancora una volta si voleva scaricare il costo sul lavoro”. “Sbaglia clamorosamente il governo, perché Alitalia  è un’azienda che con un adeguato piano industriale e una partnership internazionale adeguata può essere rilanciata – ha aggiunto Fassina – Questa indisponibilità del governo a entrare nel capitale di Alitalia è irresponsabile, perché perdiamo un asset importante del nostro sistema produttivo. Il governo ha trovato il coraggio per rilanciare l’Ilva e le banche, Alitalia non è meno rilevante. Questa svendita che si farà delle attività è un atteggiamento davvero irresponsabile, soprattutto considerando la propaganda di Renzi quando arrivò Etihad. Il mercato porta a tanti fallimenti. Il fatto che si faccia fallire Alitalia senza avere un quadro di prospettiva non mi rassicura affatto. L’Italia deve dipendere da RyanAir. Gli altri Paesi costruiscono sinergie. Mi pare che questa logica del ‘facciamola fallire, tanto poi ci penserà il mercato’ sia irresponsabile”.

Federconsumatori: garantire i voli e il servizio. No a  svendite

Interviene anche Federconsumatori che parla di “questione fondamentale quella di garantire i voli ed il servizio. È importante che i cittadini continuino ad acquistare biglietti Alitalia, per non peggiorare ulteriormente la situazione della compagnia”. Per questo viene chiesto “un intervento in termini di vigilanza e di garanzia in tal senso da parte del Governo”. “Queste forme di tutela – conclude Federconsumatori – consentirebbero al commissario di operare con maggiore tranquillità per individuare soluzioni appropriate, al fine di attuare un serio piano industriale, dando continuità all’attività, attraverso una attenta rimodulazione di rotte e tariffe. Tutto ciò per arrivare ad una soluzione che potrà prendere la forma di una compartecipazione o di una vendita, purché non si tratti di una svendita della compagnia”.

Da jobsnews


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