Rinnovo della concessione Rai. Alcune singolari vicende

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La vicenda che ha portato alla nuova Concessione/convenzione Rai è piuttosto singolare. Dobbiamo ricordare innanzitutto che le due leggi sulla Rai del 2004 e del 2005 avevano adottato uno schema diverso e cioè quello molto più garantista della concessione affidata direttamente per legge. La concessione e le disposizioni di legge erano poi integrate da un contratto di servizio, prima triennale poi quinquennale.

La l. Gasparri n.112 del 2004, pur vivamente criticata sotto molti profili, disponeva all’art.20 (Disciplina della RAI-Radiotelevisione italiana Spa) che: “La concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, per la durata di dodici anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa”.
Il TU della radiotelevisione del 2005 disponeva all’art.49 Disciplina della RAI-Radiotelevisione italiana Spa che “La concessione del servizio pubblico generale radiotelevisivo è affidata, fino al 6 maggio 2016, alla RAI-Radiotelevisione italiana Spa”. Inizialmente era dunque stata disposta per legge e avrebbe dovuto durare fino al 6 maggio 2016.

A quel punto sarebbe stato logico che la legge n.220 del 2015, intitolata riforma della RAI, prorogasse la concessione di 10 o di 12 anni. Invece la scelta è stata diversa. La scelta si è fatta attendere. Prima il D. Lgs. n.50 del 2016 (codice per gli appalti, norma poco pertinente) ha prorogato la scadenza fino al 31 ottobre 2016. Non è bastato! Un’altra legge (la l.n.198 del 2016, legge per l’editoria) ha dettato alcune disposizioni, abbandonando lo schema della concessione per legge. Essa ha stabilito innanzitutto la durata di 10 anni della Concessione e ha stabilito che sarebbe stata fatta con Decreto della Presidenza del Consiglio da adottare previa delibera del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro delle comunicazioni e previo parere del Ministro dell’Economia. Si è aggiunto che con lo stesso DPCM sarebbe stato approvato lo schema di convenzione. Veniva così ripristinato un atto amministrativo che ormai non esisteva più (sostituito dal contratto di servizio). La precedente convenzione era stata approvata con DPR (Decreto del Presidente della Repubblica) del 1994 e scaduta dopo vent’anni nel 2014. Quindi erroneamente nella legge si parla di “convenzione già in atto”, ma in realtà già scaduta. Infine la legge per l’editoria ha sostanzialmente prolungato di 90 gg la durata della concessione. Tutto questo per tener conto di una consultazione che è stata assai poco utilizzata nel testo della convenzione. Infine un’altra legge è dovuta intervenire per prorogare, ancora una volta, la durata della convenzione del 1994, già scaduta, ed è stato il cd decreto mille proroghe (DL 244 del 2016) che ha portato la proroga da 90 gg fino  a 180 gg (dal 31 ottobre 2016  al 29 aprile 2017).

La durata di questo lungo balletto legislativo suscita più di un interrogativo. Perché non si è intervenuti subito con la legge n.220 del 2015 e si sono dovuti attendere altri tre passaggi normativi per arrivare a una concessione con atto amministrativo?

Seconda questione non trascurabile riguarda l’impalcatura estremamente complessa che si è messa in campo. Si aggiungono fonti normative a fonti normative e si crea una singolare “torta a più strati”. Al primo livello di questa struttura si pone la legge, ricca di molte disposizioni (essenzialmente nel TU). Al secondo livello si pone la convenzione, deliberata dal Governo con il parere non vincolante della Commissione di Vigilanza, che dovrà essere rinnovata ogni 10 anni. Al terzo livello si pongono le Linee guida, emanate d’intesa tra AGCOM e Ministero delle Comunicazioni, previa delibera del CDM. Al quarto livello si colloca il Contratto di servizio, deliberato ogni 5 anni, tra Rai e Ministero, previo parere della Vigilanza e delibera del CDM. Come si vede si è creata una struttura molto complessa, dove sarà difficile rispettare i tempi e dove sarà molto difficile distribuire correttamente la materia tra i vari atti (con rischio forte di sovrapposizioni e contraddizioni). Non dimentichiamo che oggi abbiamo ancora in vigore il contratto di servizio del 2010-2012 perché quello del 2013 non ha terminato l’iter e oggi giace in fondo ad un cassetto.

Non mi risulta che questo schema si ritrovi in nessun altro ordinamento conosciuto!! Almeno in Europa!

Il Governo ha un ruolo preponderante in tutto questo processo!! Vorrei dire che è perfino eccessivo e si somma a quello che il Governo ha già sul Governo della Rai. Il Parlamento è sostanzialmente marginale poiché la Commissione esprime un parere obbligatorio ma non vincolante. Esiste poi un grande problema di effettività. Dopo che tutto questo complesso normativo è messo in piedi, esistono fondati dubbi che non si svolga un serio controllo sull’effettività delle disposizioni. Il controllo sull’efficacia delle norme è certamente ripartito tra Ministero (Convenzione) e AGCOM (Contratto servizio), ma non risulta che negli anni passati i controlli siano stati molto incisivi. Non so che cosa avverrà per il futuro.

A questo punto si potrebbero fare molte considerazioni. Io mi limiterò a porre alcune domande. Primo: perché non è stata data la concessione direttamente per legge ma lo si è fatto con un atto amministrativo del Governo! Sarebbe stato semplice farlo con la legge n.220 del 2105.

Secondo: perché sono stati necessari quattro atti normativi per arrivare a questo risultato, creando un clima di obiettiva incertezza nella Rai e in chi dovrebbe governarla. Terzo: perché la Convenzione non viene più adottata come in precedenza con DPR e sostituita dal DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio)? Non mi paiono passaggi inutili quello del Presidente della Repubblica e il conseguente intervento del Consiglio di Stato, che a quell’atto si accompagna. Quarto: perché questa forte concentrazione di poteri in capo all’Esecutivo, che si somma ai poteri già riconosciuti con la legge n.220? Quinto: perché non sono contenute garanzie, in ordine al finanziamento, che rappresentano una precondizione dell’indipendenza gestionale? E’ vero che la convenzione non poteva modificare il TU che stabilisce una diversa procedura. Ma ormai la disciplina prevalente del canone si trova impropriamente nella legge di stabilità e quindi nei vari interventi legislativi per prorogare la concessione, qualcosa si poteva dire su quest’aspetto. Sesto: perché non si trova nella convenzione una chiara esplicitazione della Missione della RAI. Di questa si era parlato nelle consultazioni ufficiali o meno, ma leggendo e rileggendo i testi, si trova ben poco.  In fondo a pensarci bene la tanto rimpianta riforma della Rai del 1975 era molto più esplicita e sono passati 42 anni!


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