L’Europa di fronte al suo turning-point decisivo?

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di Gabriele Mele

Dopo le elezioni olandesi del 15 marzo, altri importanti appuntamenti aspettano l’Unione europea: prima la Francia e poi, in autunno, la Germania.

Nel mese della celebrazione per i 60 anni dalla firma del Trattato di Roma, l’Europa si è trovata a dover affrontare una delle sfide più complicate della sua recente storia. Il primo test probante per verificare la tenuta delle istituzioni europee ha dato esito positivo. Lo scorso 15 marzo gli elettori olandesi hanno espresso la volontà di non venir meno agli ideali di accoglienza e di rispetto per la libertà religiosa che hanno da sempre contraddistinto i territori dei Paesi Bassi fin dalla loro fondazione. L’ultradestra del partito populista capeggiato da Geert Wilders non è riuscita ad attirare la parte più moderata dell’elettorato di centrodestra, la quale è stata decisiva per la vittoria dei liberali di centrodestra del Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd).

La direzione estremamente ferrea e risoluta adottata dal leader del Vvd Mark Rutte relativamente all’affaire diplomatico con la Turchia ha definitivamente convinto gli ultimissimi indecisi a dare nuovamente fiducia all’esponente di spicco del centrodestra liberale. Un sospiro di sollievo per le autorità dell’Unione europea, le quali hanno evitato lo spauracchio della “Nexit” dopo aver subito il tremendo shock per le vicissitudini britanniche.

Le due principali sorprese sono state caratterizzate dalla “Caporetto” del partito laburista, il quale ha perso 29 seggi rispetto ai 38 che aveva nella scorsa legislatura e che secondo i politologi più esperti avrebbe scontato la “sterzata” a destra derivante dall’appoggio al secondo governo Rutte nel 2012, consentendo al partito dei verdi di coagulare tutto il malcontento della sinistra progressista. Difatti il vero trionfatore è stato indiscutibilmente il nuovo astro nascente della politica olandese, il candidato della Sinistra verde Jesse Klaver, definito il prossimo Justin Trudeau (dal nome del premier canadese) per le sue capacità oratorie, la sua attenzione all’educazione primaria ed alla green economy. Il giovanissimo “Jessiah”, come viene definito dalla stampa olandese, è risultato il migliore ad ogni confronto televisivo, diventando un punto di riferimento indiscusso per l’elettorato giovanile dei Paesi Bassi.

Un dato particolarmente interessante è caratterizzato dal fatto che due esponenti politici agli antipodi come Wilders e Klaver abbiano numerosi elementi in comune. Entrambi hanno il medesimo background familiare materno proveniente dalle ex colonie delle Indie olandesi, ed hanno ricevuto un’educazione di matrice cattolica. I punti di contatto terminano qui, ad ogni modo è singolare la statistica degli elettori tra i 18 e 35 anni i quali hanno dato la loro preferenza quasi esclusivamente a queste due figure così diverse, dimostrando un fortissimo disincanto per i partiti che hanno governato il paese dal secondo dopoguerra. Solamente nel 2006 i democristiani, i laburisti, i socialisti ed i liberali del centrodestra rappresentavano più dell’ottanta percento dell’elettorato, mentre oggi sono esattamente la metà, di conseguenza possiamo notare come sia stato depauperato un capitale elettorale enorme.

Il nuovo esecutivo presieduto da Mark Rutte, il quale ha conseguito dei risultati economici impressionanti nelle precedenti legislature con una disoccupazione al 5,4% e un aumento del Pil del 2,8%, dovrà tenere conto della crescita tumultuosa del partito del suo ex alleato Geert Wilders per non vanificare questa storica vittoria per il futuro dell’Unione europea. Questo successo europeista potrebbe contagiare le prossime elezioni francesi, le quali rappresentano il vero elemento decisivo, in quanto se il prossimo 7 maggio, al secondo turno delle presidenziali, Emmanuel Macron o François Fillon non dovessero riuscire a sconfiggere il Front national di Marine Le Pen, ci troveremmo probabilmente di fronte alla fine per l’Unione europea.

Nel 2002 di fronte alla possibile affermazione di Jean Marie Le Pen, padre di Marine, venne utilizzata la cosiddetta “conventio ad excludendum”, invitando tutte le forze politiche anti-populiste a votare per Jacques Chirac. La storia potrebbe ripetersi nuovamente, nonostante il parere contrastante degli esperti politologi più autorevoli.

Infine, il prossimo autunno in Germania il candidato della destra populista dell’Alternative für Deutschland (Afd) Frauke Petry non dovrebbe avere i voti necessari per insidiare la cancelliera uscente Angela Merkel oppure l’ex presidente del Parlamento europeo Martin Schultz.

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