La sfida di Goffredo alla Casta forense: “Tutti a Roma il 21 aprile”

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Incontro Goffredo D’Antona, per gli amici Gof, ad un tavolo del bar Kennedy, nel cuore di Catania, a pochi passi dal suo nuovo studio in piazza della Repubblica, a cavallo tra la “city” e il vecchio quartiere di San Berillo: “Posso offrire io?” dice mentre tiro fuori la penna e il bloc notes, sperando mi bastino i fogli. Non indossa la pettorina del legal team con cui da anni gira le manifestazioni “No Muos” per offrire supporto legale ai manifestanti. Il soprabito beige lo rende rassicurante, un po’ Perry Mason, un po’ Montalbano. Allenta la cravatta con sollievo mentre aspetta un cenno, una risposta: “Grazie Gof, prendo un caffè. Stretto”.

Quando iniziò la professione, ventitre anni fa, l’avvocato era un mestiere prestigioso e pieno di soddisfazioni, anche economiche, racconta Goffredo : “Oggi, invece, se arrivi a mille euro al mese, sei fortunato. Non parlo di me che bene o male riesco a tirare avanti ma soprattutto dei giovani colleghi. Questa battaglia è soprattutto per loro, per Biagio, per Dario, per Ciccio e per i tanti che stanno sostenendo questa causa”.

La causa che oggi Goffredo prova a vincere non si tiene in tribunale ma sui social, su Facebook dove ha lanciato, assieme alla sua collega Monica Foti, un petizione firmata da migliaia di avvocati di ogni parte d’Italia e dove ha aperto un gruppo che, in poche settimane, conta già oltre 6000 iscritti. Sul banco degli imputati c’è la Cassa Forense, che qualcuno ha ribattezzato nel frattempo la Casta Forense, l’ente su cui confluiscono i contributi previdenziali degli avvocati, un affare da undici miliardi di euro l’anno. Una montagna di soldi, quasi una Finanziaria, che si riversa in un fondo di investimento chiamato “Cicerone” che fa capo al noto palazzinaro romano Caltagirone. E qui c’è il primo punto, la trasparenza: “Chiediamo più chiarezza sull’uso delle risorse e sui bilanci e basta sperperi” attacca Goffredo. “Che fine fanno i nostri soldi? E’ vero che vengono usati per acquistare immobili a Londra e Berlino? E poi, chi decide gli acquisti? Perché, per esempio, abbiamo impegnato milioni di euro per l’acquisto di computer? Chi ha deciso a quale fornitore rivolgerci? E che rapporti ci sono tra i vertici della Cassa e questi fornitori o con le banche e i fondi che gestiscono le risorse della Cassa? Siamo certi che non vi siano conflitti di interesse?”

Domande e interrogativi che Goffredo elenca col piglio del penalista e con l’ardore dell’attivista: “Ti sembra giusto, poi, che i vertici della Cassa Forense incassino compensi che sfiorano, in qualche caso, i centomila euro mentre si impone agli iscritti il versamento di 3600 euro l’anno anche quando non lavorano o producono reddito zero come accade, purtroppo, sempre più spesso e soprattutto ai più giovani?” E qui arriva la seconda richiesta, il dimezzamento dei versamenti alla Cassa: “Tanto” taglia corto Goffredo “la pensione che sarà in grado di garantire questo sistema sarà persino inferiore alla minima”.

Nel frattempo, come capita sempre più spesso, dai social la protesta finisce in piazza: “Abbiamo organizzato una manifestazione sotto la sede della Cassa Forense a Roma, per il prossimo 21 aprile. Stanno arrivando tante adesioni, a Catania abbiamo già riempito un pullman. Ma arriveranno colleghi da ogni parte d’Italia”. Una manifestazione che si annuncia partecipata e civile. Almeno stavolta non saranno necessarie le pettorine del legal team.


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