Fonti non rivelate, processo a giornalista. In Sicilia ancora un cronista sotto inchiesta per essersi avvalso del segreto professionale

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Marco Bova (a sinistra nella foto), giovane giornalista trapanese, è da ieri sotto processo a Trapani per violazione dell’art. 371 bis del codice penale. Bova è indagato a proposito di un articolo comparso il 30 settembre del 2015 sul sito del Fatto Quotidiano. Scrisse del ritrovamento da parte di investigatori diretti dalla magistratura trapanese, di documenti giudiziari nel corso di una perquisizione subita dall’ex senatore del Pd Nino Papania. Si trattava di verbali relativi ad una indagine giudiziaria che riguardava l’ex parlamentare. Convocato dal pm della Procura di Trapani, il dott. Marco Verzera, Bova decise di tacere rispetto alla domanda di indicare la fonte dalla quale aveva appreso la notizia coperta da segreto istruttorio.

Il processo si è aperto ieri dinanzi al giudice monocratico del Tribunale di Trapani dott. Piero Grillo. Il dibattimento è stato incardinato e rinviato per la prosecuzione al prossimo 2 marzo. Il pm ha rinunciato alla propria lista testi ed ha depositato copia dell’articolo e verbali di interrogatorio. Bova è difeso dagli avvocati Nino Caleca e Viviana Cialona che hanno chiesto di sentire il presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, Riccardo Arena. L’audizione di Arena è prevista per il 2 marzo quando verrà sentito anche l’imputato. Ancora una volta viene messa in dubbio dalla magistratura la possibilità di un giornalista pubblicista di avvalersi del segreto professionale e questo nonostante altre sentenze che invece hanno riconosciuto anche ai pubblicisti il pieno diritto a tenere segrete le proprie fonti.

E’ recentissima peraltro l’assoluzione pronunciata dalla Corte di appello di Caltanissetta nei confronti dei giornalisti Josè Trovato e Giulia Martorana (al centro e a destra nella foto), imputati per favoreggiamento personale nei confronti di ignoti e pubblicazione di atto coperto dal segreto istruttorio. I giudici nisseni in questo caso hanno confermato la sentenza che era stata emessa dal Tribunale di Enna e che era stata impugnata dal procuratore generale. I giornalisti erano alla sbarra in relazione ad articoli pubblicati, rispettivamente, sulle colonne del Giornale di Sicilia e de La Sicilia, il 9 settembre del 2008, sull’omicidio di Carmelo Governale.

Adesso questo nuovo caso che dimostra ancora una volta come la libertà di stampa nel nostro Paese è spesso messa in pericolo e questo fino a quando le norme non saranno scritte in maniera tale da riconoscere a qualsiasi giornalista il pieno diritto a scrivere in piena libertà, con l’unico dovere di scrivere notizie vere e fondate. 


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