Caso Regeni. La famiglia: “non c’è stata la collaborazione premessa”

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Sei mesi fa, alle 19.41, scompariva Giulio Regeni. Sei mesi dopo, i misteri continuano ad avvolgere la sua morte, almeno ufficialmente. Oggi, proprio allo scoccare dell’ora della sparizione dello studente friulano, sono state accese le fiaccole attorno al Pantheon, per denunciare che “la verità è ancora lontana”. Alla manifestazione, promossa da Amnesty International, Antigone e Coalizione italiana per le libertà  e i diritti civili, hanno aderito decine di associazioni e sindacati tra cui Articolo21.
“Grazie perché chiedete che sia fatta giustizia e verità  e grazie per accendere l’attenzione per Giulio”. Così Paola Regeni in collegamento telefonico con il sit-in. Paola e Claudio, ringraziano in particolare la Procura di Roma per gli sforzi fatti al fine di fare luce sulla vicenda, sottolineando che “purtroppo ad oggi, dopo sei mesi, ancora non sappiamo perché nostro figlio è stato torturato e ucciso”. La famiglia Regeni denuncia che “non c’è stata la collaborazione premessa” da parte delle autorità  egiziane, in particolare su un fascicolo aperto dalla procura del Cairo, e ricorda la persecuzione portata avanti nel frattempo a danno di diversi attivisti egiziani.


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