Un Michael Moore folkloristico e superficiale sull’Italia

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Lo sapevate che per noi lavoratori l’Italia è il Paese di Bengodi ? E che per questo gli italiani “hanno sempre l’aspetto di chi ha appena fatto sesso”? E noi che ci lamentiamo… A darci questa bella e insospettata notizia è Michael Moore, nel suo ultimo documentario in sala da noi solo per tre giorni, il 9, 10 e 11 maggio. Gli occhiali rosa del documentarista già Oscar e Palma d’oro sembrano fatti apposta per far gongolare Renzi e far arrabbiare la Camusso , perché le nostre vere magagne, a partire dallo sterminio occupazionale dei giovani, passano sotto silenzio.

La premessa di “Where to invade next”è, come sempre, spassosa. Dato che gli Usa non hanno più vinto una guerra dopo il secondo conflitto mondiale , il regista XXL, bandiera a stelle e strisce in resta, si imbarca per invadere l’Europa con una “mission”bellicosa ma pacifica : rubare il meglio da ogni Paese e portarselo a casa. La tesi è che i più pressanti problemi socio-economici americani sono stati brillantemente risolti in altre parti del mondo. Basta copiare.

L’Italia apre il tour, tra note di “lissio”romagnolo, mandolini e “Volare”. Un paradiso, secondo Moore:  8 settimane di ferie pagate, più tredicesima, due ore per l’intervallo del pranzo a casa degli operai , cinque mesi di maternità a salario pieno. Soldi regalati e un sacco di tempo per fare sesso. Peccato che la campionatura si limiti a un’aziendina del lusso che fa capi per l’Alta Moda e alla Ducati. Moore mette le mani avanti, precisa che “sicuramente l’Italia avrà i suoi problemi, ma la nostra missione è raccogliere i fiori, non le erbacce”. Parlano solo padroni che esaltano “il piacere di pagare, per avere lavoratori sereni e non stressati”e si vantano di conciliare il profitto col benessere dei dipendenti. Insomma, Adriano Olivetti è lo standard. Sveglia, Michael !

Moore però, questo è il punto, sta parlando ai suoi connazionali , con ferie zero o il lusso di 2 settimane, per i più sindacalizzati. Sperando che si arrabbino molto scoprendo che a scuola i bambini francesi non soffriranno di obesità, nutriti come sono a capesante e acqua fresca al posto della triade hamburger-patatine-Coca Cola. O che in Finlandia la scuola pubblica sforna gli studenti più preparati del mondo, avendo abolito le scuole private e i compiti a casa. O che la Slovenia attira studenti americani perché l’Università  è gratis e non devi, come negli Usa, caricarti di debiti fin da giovane.

Il capitolo più serio, e il meno superficiale, è sulla Germania e sull’impegno a fare i conti, fin dalla scuola, con la memoria tragica del nazismo. Se lo facesse l’America, sostiene Moore, ogni ragazzo andrebbe istruito a sapere che il suo Paese è nato dal genocidio ed è cresciuto sulle spalle degli schiavi. In Portogallo hanno liberalizzato le droghe : in America, secondo il regista, le pene durissime contro la detenzione di crack servono solo a sfruttare i neri in galera e a precludergli il voto (democratico, va da sè). Poi c’è la Norvegia, con le sue prigioni-modello : ha il 20 % di recidività contro l’80 % degli Usa. E qui, a contrasto con i secondini disarmati, piovono immagini dei pestaggi abituali della polizia americana.

Un sospetto di endorsement per Hillary spunta quando, sbarcando in Islanda, Moore fa l’apologia delle donne al potere. Arriva fino a imputare al testosterone la crisi del 2008 : se le donne avessero controllato le banche non sarebbe andata così. Se poi guidano la società, lavorano sempre per la pace e l’interesse comune. Retroletture a parte, “Where to invade next”è dichiaratamente un film di propaganda e una lezione di umiltà per l’americano medio, che si crede privilegiato ma ha tanto da imparare perfino dalla Tunisia.

Detto da una che si è coltivata Michael Moore già dai tempi di “Roger and me”e lo amerà sempre per “Bowling a Columbine”e “Fahrenheit 9/11”, il suo sguardo sull’Europa è a tratti folkloristico e superficiale. Al botteghino di casa il film è stato un flop, nonostante il regista ricordi in chiusura alla sua gente, con un sussulto di orgoglio, che tutte quelle splendide idee, in realtà, sono partite dall’America, “bastava andare all’Ufficio Oggetti Smarriti”. Grazie al “bus tour”organizzato da Moore attraverso gli States, con proiezioni gratuite ovunque, però, a tanti il messaggio è arrivato. Un vero Servizio Pubblico. Con l’uso improprio che si fa in Italia di questa espressione, ci sarebbe da imparare.


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