Terrorismo e libertà non possono coesistere

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Edward Luttwak è un esperto di politica internazionale e strategia militare, consulente strategico del governo americano. In un intervento alla trasmissione di Radio 24 “La Zanzara” ha usato parole forti per spiegare il suo punto di vista relativo al terrorismo islamico e alle misure che l’Europa ha attuato finora per contrastarlo. Misure insufficienti, secondo lui, inadeguate al pericolo insito nel fondamentalismo violento. Luttwak si esprime per paradossi, senza curarsi di essere “politicamente corretto”. Può turbare ed essere considerato intollerante. Sicuramente non è un uomo di pace e la sua idea di tolleranza finisce esattamente dove iniziano i rischi di perdere libertà e sicurezza nei paesi democratici. Forse anche un po’ prima. La sua intransigenza e il suo linguaggio esasperato non possono essere condivisi da chi si impegna per una civiltà basata sulla convivenza dei popoli; tuttavia non si può negare che conosca molto bene le dinamiche del terrorismo. Sicuramente, inoltre, ha ragione quando afferma che l’Unione europea è impreparata di fronte a questo fenomeno che ha spinto indietro la civiltà.

Da anni EveryOne Group – gruppo italiano per i diritti umani di cui sono copresidente – chiede all’europa di contrastare il terrore e di non confonderlo con i fenomeni migratori. Il terrorismo è collegato alle mafie, ai traffici internazionali, allo schiavismo, ai rapimenti. Nel Maghreb ci sono i Soldati del Califfo, un movimento connesso alla jihad radicata nell’Ue, alle cellule dormienti, al traffico di armi. Nessuno però lo combatte, lasciando il compito alle autorità locali. Nel Sinai si sono effettuati rapimenti di profughi per anni, utilizzando i soldi dei ricatti (milioni e milioni di euro) per finanziare prima Al Qaeda, poi Isis. Idem in Sudan. Il traffico di organi, che vede scomparire ogni anno nel nulla migliaia di giovani indigenti o profughi, è linfa per l’integralismo violento. La debolezza nel difendere la libertà di espressione in Europa, quando riguarda l’Islam, di fronte alle minacce dei fondamentalisti, ha ridotto tale libertà in maniera inaccettabile. Il paradosso è che oggi chiese e monumenti religiosi non islamici vengono distrutti, le comunità invise ai fondamentalisti sono perseguitate (e i loro simboli sacri annientati), mentre non si può realizzare una vignetta satirica su Maometto né una mostra (neanche seria, storicamente corretta e documentata) sulla sua figura storica senza essere uccisi quali “infedeli” e “blasfemi”. La libertà non è un dono. E’ una conquista. La si può difendere con la nonviolenza, la ragione, il coraggio. In nessun caso, però, con la resa incondizionata e la viltà.

Nella foto, il grande vuoto lasciato dal Buddha maggiore di Bamiyan, una delle due colossali statue distrutte dai Talebani il 12 marzo 2001


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