Emergenza immigrati a Taranto: ennesimo sbarco tra speranza e disperazione

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Un sabato di fine Gennaio, con il sole di una città della Puglia che non risparmia mai i suoi raggi, ha raccontato l’ennesimo sbarco di migranti. Tutti i media ne parlano, m della Taranto che accoglie non si legge un rigo. Nessuno spreca una sola parola sulla città dell’Ilva che sotto un sole che scalda riesce a far fronte all’arrivo di quattrocento undici anime vive, e sei salme, sei testimonianze di chi ci ha provato e non ce l’ha fatta. Ylenia, volontaria, impegnata sul fronte dell’emergenza immigrazione a Taranto da qualche anno a Taranto, mi racconta il suo sabato mattina, trascorso al porto, e sono le sue parole, qui riportate, a raccontare cos’è Taranto.

“Alle ore 9,00 di sabato 30 Gennaio è attraccata al porto di Taranto la nave Aliseo della Marina Militare italiana che ha recuperato a largo delle coste libiche 411 migranti, per lo più provenienti da Nigeria, Gambia, Ghana, Eritrea e Mali, tra loro anche 4 donne in stato di gravidanza. Con loro sono sbarcate anche 6 salme. Al momento del salvataggio si trovavano a bordo di tre gommoni andati alla deriva al largo delle coste libiche.

A scendere per primi dalla nave i 40 migranti ustionati. “A bordo del gommone c’erano delle taniche di benzina. Nel gommone c’era uno squarcio. A contatto con l’acqua di mare e la benzina ci siamo ustionati. Il resto puoi immaginarlo”. Ha raccontato così, in poche parole , uno dei superstiti, nigeriano, con gli occhi pieni di lacrime. Nel naufragio ha perso anche uno dei suoi amici. Sono state poi visitate immediatamente le donne. E infine tutti gli altri.

Denutriti, sfiniti, disorientati, è stata questa la prima immagine che mi sono ritrovata difronte.

12496428_10206144717873099_6815924295841682500_oAd ogni migrante è stato consegnato un kit contenete beni di prima necessità. Dopo le verifiche della polizia scientifica hanno abbandonato la nave anche i corpi delle vittime, sotto lo sguardo sconcertato di alcuni dei soccorritori. Non è mai semplice rassegnarsi a tutto questo, accettare la morte di anime in cerca di un futuro, o meglio di vita.

Mattinata frenetica. Quasi infinita. I naufraghi vengono visitati nel presidio medico allestito dal 118 e rifocillati con i viveri messi a disposizione dal Comune. Tra i profughi da visitare e da indentificare le operazioni di sbarco sono terminate alle 18,00. Quasi tutti i migranti hanno lasciato la nostra città per raggiungere con i bus altre località. Difficile ad ogni sbarco scontrarsi con la realtà, con gli occhi della morte e della speranza.”

Taranto, che non è solo Ilva, torni all’attenzione di uno Stato che sa solo chiedere, per ricevere le dovute attenzioni, i dovuti riconoscimenti e le decisioni che vadano nella direzione di creare una reale rete di aiuti. Dal momento che è qui che i migranti arrivano, è qui che vengono accolti, rifocillati, ascoltati, ed è qui che lasciano nel cuore  di chi li ha visti scendere da quelle navi ,il segno, a pezzi ma vincenti, perché sono riusciti nella loro impresa di attraversare deserto, la Libia, mare , soprusi e volenze, lo Stato si faccia carico di essere presente sul territorio, concretamente.

Taranto ed i suoi volontari sono un esempio per l’Italia, ma degli esempi bisogna parlarne.

(Foto di Vincenzo Aiello)


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