La corsa per i casinò

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In un film di Scorzese che ricordo ancora e che si intitolava Casinò ed aveva come protagonista l’attore Robert De Niro, quest’ultimo enuncia la regola fondamentale nelle case da gioco di tutto il Pianeta: “In un casinò la regola fondamentale è continuare a farli giocare. Più giocano e più perdono. Alla fine becchiamo tutto noi.” Soltanto in Italia – è stato notato – la regola enunciata da Scorzese funziona al contrario.  Negli ultimi dieci anni, le quattro case da gioco esistenti nel nostro amato Paese, tutte di proprietà pubblica, hanno messo insieme perdite di bilancio per 314 milioni di euro.

L’associazione che riunisce le case da gioco(e che annovera i casinò di Campione d’Italia, Venezia, Sanremo e Saint Vincent in Val d’Aosta)  adesso chiede al governo Renzi-Alfano di  raddoppiare. Cioè che ci siano in Italia otto case da gioco. La destinazione sarebbe nel Centro-Sud che è più sguarnita. In Puglia, Bari o Fasano.  Tra Lazio e Campania la scelta cadrebbe su Anzio e Salerno. In Sicilia l’unica candidatura sarebbe quella di Taormina.

Il documento è ora nelle mani del sottosegretario ad Economia e Finanze con delega ai giochi, Pier Paolo Baretta, che l’ha subito girato ai Monopoli di Stato. E l’argomento forte per l’approvazione del progetto è quello di un’accelerazione del  turismo come è già avvenuto in Spagna. I sostenitori del progetto vanno dal sottosegretario Baretta che ha più volte insistito sulla necessità di rilanciare le case da gioco sulla base di un discutibile teorema. “Dobbiamo fare una valutazione con il governo – ha dichiarato il 14 aprile scorso – perché possono essere un baluardo contro l’illegalità” . E come la storia dei tremila euro in contanti varata dall’esecutivo e su cui ci sono state opposte valutazioni nel mondo politico italiano.  E sempre Baretta ha aggiunto che “La riapertura della casa di gioco di Taormina, chiusa cinquant’anni fa,  servirebbe  a contrastare l’offerta che arriva da Malta. ” E sono d’accordo con Baretta  sia Alfano  che  persino Domenico Scilipoti.   Il piano del governo è quello che si crei una nuova società pubblica controllata al 51 per cento dal Ministero dell’Economia e delle Finanze  e, per il resto delle azioni(cioè il 49 per cento), sempre da mani pubbliche, come i quattro casinò esistenti  e, in più, comuni e province interessati alla collocazione delle nuove case da gioco.


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