Intercettazioni, il partito trasversale degli inquisiti lavora per limitarne l’uso

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Il Parlamento si appresta a votare una delega al governo in materia di intercettazioni. In altre parole sarà l’esecutivo a decidere dove, come, quando e quanto limitare l’uso delle intercettazioni e le pene a carico di magistrati e cronisti che dovessero infrangere la norma. Mai come in questo caso si confrontano e si scontrano il diritto alla riservatezza, previsto dalla Costituzione, ed il diritto ad informare e ad essere informati, tutelato dalla medesima Costituzione e rafforzato da molte sentenze della Corte europea.

Quello che preoccupa non è solo il testo, ma il contesto politico. Inutile fingere di non sapere che il partito trasversale degli inquisiti lavora per limitare l’uso delle intercettazioni, ostacolare il lavoro di indagine, impedirne la pubblicazione e per questo vorrebbero introdurre nuove sanzioni a carico di editori e cronisti.
Chi invoca la “stretta”, ancora non è riuscito ad eliminare la pena del carcere per i giornalisti e ad introdurre una norma che scoraggi l’uso delle cosiddette “querele temerarie”, divenute uno strumento di intimidazione preventiva contro chiunque osi avvicinarsi alle “terre di mezzo” che, per esistere, hanno bisogno di silenzio, oscurità, diffusa complicità.

Dal momento che conosciamo e stimiamo il ministro Orlando e non riusciamo a vedere in lui il ministro del bavaglio, ci permettiamo di chiedergli di rinunciare all’articolo 29, quello che prevede la delega al governo, e di aprire invece un confronto con le associazioni dei magistrati e dei giornalisti. Se l’obiettivo, condivisibile, è quello di tutelare il cittadino dalla cosiddetta “macelleria mediatica”, perché non accogliere le proposte più volte avanzate dalla associazione nazionale dei magistrati, dalla Federazione della stampa e dall’Ordine dei giornalisti?

Perché non lavorare sulla udienza filtro, sulla distruzione delle intercettazioni non rilevanti, sulle istituzione di quel Giurì per la lealtà della informazione che potrebbe diventare la prima istanza per ripristinare una dignità lesa?
A questo proposito sarà il caso di aprire una discussione anche dentro la categoria, perché un conto è la ricerca della verità e la tutela del pubblico interesse, altro invece è l’ideazione e la promozione della industria del fango e dell’odio.

Per queste ragioni, condividendo integralmente le osservazioni qui formulate da Vincenzo Vita e dal segretario della Fnsi Lo Russo, continuiamo a chiedere che quella delega sia ritirata e che qualsiasi ipotesi di riduzione del diritto di cronaca sia eliminata da questo testo e da quello sulla diffamazione; anche per non dare la sgradevole impressione che si vogliano contrastare gli eventuali abusi nell’uso delle intercettazioni, per non doversi  poi occupare dei gravissimi reati scoperti grazie a quelle medesime intercettazioni.


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