“Troia Teatro Festival”. Allegorie di sopraffazione e resistenza

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Una settimana di performances, gruppi di base, ‘teatro di strada’- Premiato uno spettacolo di Equilibrio Dinamico

Gruppi di base, performer, artisti ‘di strada’, nuove realtà esponenziali del teatro-danza e musicale  sono state, nella  trascorsa settimana di metà agosto, l’asse portante del pugliese “ Festival Troia Teatro” , festosamente approdato alla sua decima edizione. Sulla base di un progetto pluriennale (diretto da Francesco De Santis) che fa dell’autosufficienza economica  (sinergia tra  contributo pubblico e sostegno dell’imprenditoria privata di zona)  il suo punto di forza, credibilità,  orgoglio identitario.  Peraltro affidandosi- l’andamento, la funzonalità della rassegna- alla disponibilità, alla ‘voglia di esserci’, alla calibrata (efficiente) puntualità di giovani organizzatori, operatori culturali (e turistici) di una ospitale cittadina ricca di vestigia romaniche, luoghi di trattenimento, itinerari di  resipiscenza nel rapporto fra territorio, strutture d’accoglienza e potenzialità di sviluppo non cementifero.

Denominatore comune, tema unificante dei contributi scenici (sparsi per ville, contrade, corso cittadino, cortile interno del vescovato di zona) è stato – trascrivo dal programma- “la realtà metafisica del potere quando  fa sì che esso sia ovunque”, non quale ipostasi del Male assoluuto ed astratto, ma forza subdola (e brutale)  condizionante l’interagire di gruppi e persone nella vicendevole, abitudinaria  partita di ‘dominato e dominante’.  Dunque una prevaricazione, una violenza psicofisiche  più difficili  da stanare poiché non strutturate  in verticalità gerarchiche (quindi immediatamente politiche), ma in orizzontale espansione nei concentrazionari universi della coppia, della genitorialità, della famiglia ossessiva e fagocitante- così come da micidiali modelli tramandati da Gide, Cocteau, Pasolini, Cooper  e altri ancora.

La ‘rapacità’ (come raccontava von Stroheim nella terribile allegoria di “Greed”) occupa ogni interstizio  delle relazioni  private e non, trovando  nella mercificazione  dei  corpi (delle menti) la sua  localizzazione preferita.  Quindi  un sistema educativo che “li gestisce, li inquadra, li organizza”. Non diversamente da quanto accade in   fabbriche, scuole, carceri,  strutture d’accoglienza  e in ogni altro locus  “in cui vengono fabbricati corpi docili attraverso l’omologazione dell’individuo” ai parametri obnubilanti della sottomissione “per quieto vivere”.  Tranne chi, a suo rischio e pericolo, oserà volare ‘oltre il nido del cuculo’.

A dare prova di denuncia e resistenza a questo ‘stato delle cose’ ha provveduto  un buon numero di performance, monologhi,’ mise en espace’, che per esigenze di cronaca dovremo ricondurre a quelli che maggiormente ci hanno coinvolto (facendo anche parte della giuria). Personalmente favorevole a “Skauscè” di e con Roberto Corradino (Reggimento Carri Teatro) che rivela o dà conferma di un affabulante artista (non inferiore a Baliani, Celestini, Paolini), che nel suo aspro evocare, in ruvido  linguaggio delle Murge,  l’umano  calvario  di un ragazzo remissivo e  impulsivo, relegato alla vita di pastore,  sintetizza qualità d’autore e interprete espletate in un teatro  di narrazioni energiche, rabbiose, di aspro ricordo basate su un uso della parola (dei singoli fonemi) che è viva materia di personali esperienze sublimate nel lucido dolore di un ‘eterno presente’.

Di forte impatto emotivo, omogeneo ed intelligente nella fluidità del suo accadimento, è anche “Quando i maiali erano suini” della compagnia  Equilibrio Dinamico (premiato a maggioranza quale migliore spettacolo in concorso), esempio solidissimo di teatro danza che sta alla convergenza di di ricerca individuale e di gruppo, amalgamata su spunti di improvvisazione e di fruttuoso laboratorio coreutico. Non da meno la tematica dell’allestimento (che  plasma, a noi pare,   il ‘nobile’ calco della “Fattoria degli animali” di Orwell), ove si dispiega il degrado della sopraffazione nella sue estreme conseguenze. Nella palese, ‘ginnica’ allegoria di un mondo retrocesso ad una condizione di primitiva aggressività e sopruso.

Ambiziosamente elaborati ma complessivamente incompiuti, sbilanciati (per eccesso), le altre proposte del concorso: con il gruppo Scimmie Nude che in “Paura e disiderio”, pur emanando forte magnetismo da ‘branco’  (due uomini e una donna, in sopraffazione vicendevole e archetipa , per abile mix di mimica e vocalità martellata da comprensibile turpiloquio) esaspera, sino al ghigno\stereotipo, i modelli espressionisti cui si ispira; e “L’ultimo Kaligola” della Compagnia degli Scarti che, con ‘spudorata’ vitalità riduce a frattaglie l’opera di Camus, salvo impantanarsi in divagazioni (fumettistiche) pasticciate tra “Marat Sade” e (involontariamente?) nel “Frankenstein jr” di Mel Brooks.

Crisalide inquieta se esplodere o implodere è la giovane monologante di “Surplas” (Centro Iac): e francamente velleitari (pur eclettici interpreti) i due ideatori di “Again by now” (Re.Spirale Teatro) che approntano un coniugale ‘delirio a due’ estenuato da reiterazioni pinteriane (il dialogo che ritorce su se stesso: pericolosissimo) e ‘frivoli’, spumeggianti inserti di un’allegra isteria cosparsa di rose rosse lanciate al pubblico delle prime file, come nei vecchi varietà di Wanda Osiris. A che pro?

Elogiato da pubblico e altri critici l’   ”Amleto” (fuori concorso a Piazza Santa Croce ) in formato soliloquio scritto e  recitato da Michele Sinisi.    Ma la concomitanza delle programmazioni e due, tre notti di quiete mediterranea ci  hanno privato del  piacere di esserci….


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