L’ennesimo barcone ribaltato. Quante morti ancora dobbiamo attenderci? Dipende da noi

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È successo un’altra volta: è annegata un’altra speranza a largo delle nostre coste. L’ennesimo gommone giorni fa si è ribaltato nelle acque libiche e una cinquantina di corpi di uomini, donne e bambini, senza alcuna colpa né identità, sono tutt’oggi dispersi. Continua a succedere ed ogni estate continua ad essere quella “della grande emergenza migranti”. Quante morti ancora dovremmo attenderci? Dipende da noi.

Rendiamoci innanzitutto conto che a bordo di quelle barche di fortuna ci sono anche dei bambini innocenti che, fino a quel momento probabilmente non hanno avuto una vita facile. Alcuni di loro viaggiano da soli, senza genitori, sono stati presi e messi su un barcone, per cercare un futuro migliore. Non sanno da cosa stanno scappando e non sanno cosa li aspetta una volta partiti e saliti a bordo. Dopo mesi e mesi tra il deserto, prima, il mare, dopo, forse, riescono ad arrivare sulle nostre coste. A quel punto non tutti saranno considerati profughi o rifugiati politici, perché non sono fuggiti da una guerra, ma ditemi: davvero soffrire la fame, vivere in una condizione di povertà assoluta oppure l’essere perseguitati da un regime, sono motivazioni meno importanti per spingere qualcuno a lasciare il proprio paese?

Ecco, è questa la domanda che vorrei porre a Salvini, Zaia e a tutti quei politici che parlano tanto del tema immigrazione ma che non spendono mai due parole su quei minori soprattutto non accompagnati che sono sbarcati in Italia in questi mesi, o sono morti nella speranza di arrivare nel nostro paese? Sapete che in mezzo alla pletora di gente che non ce la fa, che muore in mare, ci sono anche dei bambini? E se lo sapete, come spero, ditemi sinceramente: fareste gli stessi discorsi ai vostri elettori (chi vi ha votato o chi vi voterà)? Di fronte alle richieste della Chiesa di essere più accoglienti, avete risposto attaccando il Papa e la Cei, ma vi rendete conto di chi state o vorreste mandare via? In quella che voi chiamate “casa loro”, in quelle terre, probabilmente non c’è più niente e nessuno, amici e parenti sono stati uccisi dalla guerra, le loro case rase al suolo, e se dovessero tornare rischierebbero di fare la stessa fine.

Insomma, se il motivo per cui continuano ad arrivare è un conflitto irrisolto o una condizione di vita disumana, da terzo mondo (come si diceva un tempo), la soluzione perfetta, mi pare così ovvio, sarebbe quella di metter fine alle guerre in quei paesi, portare pace e aiutare a migliorare le condizioni di chi, oggi, è costretto a scappare. Ma, la verità è che non ci stiamo impegnando abbastanza per fare in modo che questo accada. Cari onnipresenti (non tutti) politici, se davvero volete che i migranti smettano di arrivare in massa, smettetela di raccontare che gli stranieri ci rubano il lavoro e che sono tutti delinquenti, basta con questi slogan da “rimandiamoli tutti a casa” e cominciate, piuttosto, a risolvere il problema alla base. Lavorate insieme a Renzi e tutte le forze politiche in campo per un impegno comune e strategico su questo tema, mettete pressione alla comunità internazionale affinché risolva i conflitti e proponetevi di inserire tra i primi punti della vostra agenda politica, l’impegno ad aumentare i fondi per la cooperazione internazionale, cosicché i migranti vengano davvero aiutati a casa loro. Questo si che richiederebbe oggi una grande “Unità Nazionale” specie per i bambini migranti che vanno sempre e comunque protetti. Infine, smettiamo di pensare che l’Italia sia il solo ed unico centro di questi grandi arrivi di massa, perché le proporzioni di questo fenomeno non sono così grandi al confronto di altri paesi. Il Libano, l’Iraq, la Giordania – che io ho visitato in questi anni – sono stracolmi di profughi siriani, eppure continuano ad accogliere chiunque fugga da quell’orribile conflitto. E vi assicuro: parliamo di numeri da capogiro, altro che le cifre dell’emergenza italiana.


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