“Dobbiamo raggiungere gli irraggiungibili”. Il Nepal e le altre periferie dimenticate. Intervista a Andrea Iacomini (Unicef)

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Sabato 25 aprile uno spaventoso terremoto ha devastato il Nepal uccidendo migliaia di persone e lasciando nella disperazione milioni di bambini e le loro famiglie. I sopravvissuti non hanno più nulla e contano sul sostegno degli aiuti umanitari per andare avanti. Per l’emergenza, UNICEF Italia e World Food Programme (WFP) Italia hanno lanciato un numero solidale per donazioni da rete mobile e fissa. Anche la Rai si è prontamente attivata a sostegno della campagna di raccolti fondi. Servono per allestire ospedali da campo per l’assistenza ai feriti, per prevenire epidemie di diarrea acuta soprattutto fra i bambini, per avere l’acqua potabile. Il Radiocorriere Tv ne parla con Andrea Iacomini, portavoce Unicef.

L’Unicef aveva già numerosi operatori in Nepal ancor prima del terremoto
Sì, oltre duecento perché questo era un Paese già in gravissime condizioni, agli ultimi posti nelle graduatorie internazionali per quanto concerne la povertà, l’istruzione, le violenze, lo sfruttamento minorile

Quali sono state le vostre prime azioni per affrontare l’emergenza?
Le prime ore sono quelle fondamentali per salvare le vite umane. In un contesto nel quale gli ospedali sono distrutti e per le strade ci sono file interminabili di corpi pieni di polvere. Molti sono deceduti, altri aspettano di essere curati. E mancano ovviamente i medicinali. Per questo abbiamo indetto una raccolta fondi – si può inviare un sms al numero 45596 – insieme al World Food Programme che sta coordinando le operazioni con noi.

Cosa serve prioritariamente per le popolazioni investite dal sisma?
Tutto ciò che consenta loro di curarsi, coprirsi, alimentarsi… Siamo riusciti nelle prime ore a stoccare alcuni materiali come tende, coperte, medicinali, kit sanitari, scorte vaccinali… proprio perché stavamo già operando in questo territorio. Abbiamo stanziato altri soldi ma servono altri materiali, tende, tendoni, compresse…

Che tipo di compresse?
Quelle per rendere l’acqua potabile. Manca il gas, l’elettricità e le vie di comunicazione ma la priorità è l’acqua che se non è potabile può provocare gravi epidemie. Questo è il primo pericolo da sventare perché le epidemie rischiano di fare più morti del terremoto.

L’Unicef si occupa soprattutto delle condizioni dei bambini. Qual è la situazione in cui si trovano i più piccoli?
Sono stati colpiti due milioni e ottocentomila bambini in trentacinque aree su settantacinque che hanno bisogno di aiuti umanitari immediati. In aggiunta a questi ce ne sono un milione e trecentomila che si trovano nei ventuno distretti a nord ovest di Katmandu. Distretti inarrivabili, completamente rasi al suolo. C’è tanta gente tra le macerie, scuole e ospedali distrutti. E poi ci sono i tanti bambini, fortunatamente sopravvissuti, che però hanno perso uno o entrambi i genitori…

Qualcuno contesta l’arrivo in ritardo degli aiuti
E’ sbagliato. Noi ad esempio eravamo già lì ma ci si deve rendere conto che in questo momento spostarsi in un luogo come il Nepal è complicatissimo. Per di più in condizione atmosferiche pessime. Prima ancora del terremoto quando parlavamo dei bambini del Nepal usavamo il termine “raggiungere gli irraggiungibili” per quanto è difficile muoversi. Per fare le vaccinazioni a volte è necessario scalare montagne alte e impervie…

Dal sito Unicef si apprende che voi fornite sostegno anche nel settore delle comunicazioni
Sì. Abbiamo operatori specializzati in logistica e meccanica che sono arrivati in Nepal con centoventi tonnellate di materiale tecnico per ripristinare la possibilità di connessioni con i cellulari e con altri sistemi mobili e contribuiamo anche alla ricostruzione delle strade distrutte. Ma ovviamente questa non è la fase della ricostruzione bensì dell’emergenza umanitaria. La preoccupazione più importante per noi è salvare i bambini e proteggerli dal dramma psicologico che stanno vivendo. Bambini che non vogliono tornare a dormire nei pressi delle loro case e che negli occhi e nelle orecchie, come ci raccontano i nostri operatori, hanno ancora il rumore, il boato del terremoto…

Oltre all’sms, per la gente comune, ci sono altri modi di aiutare il Nepal?
Sul sito www.unicef.it/nepal si possono fare donazioni di diversa entità per affrontare questa emergenza. E per fortuna di donazioni ne stanno arrivando numerose. E come per le Filippine e per Haiti gli italiani si stanno dimostrando generosissimi. Questo fa onore al nostro popolo.

La Rai sta dando informazioni costanti sulla vostra campagna
Siamo molto felici. La Rai è partita a razzo con noi e da quando hanno autorizzato a trasmettere il numero dell’sms i contributi si stanno intensificando notevolmente. E’ un sostegno molto importante.

L’informazione in generale cosa può fare per dare un contributo concreto?
Oggi più che mai serve una solida alleanza fra tutti quei soggetti che vogliono fare del bene. L’informazione deve poterci consentire di raccontare questo dramma tutti i giorni con grande accuratezza perché solo cosi riusciamo a svegliare una parte di italiani dal torpore che ancora li avvolge.

Fonte: Radiocorriere Tv


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