Trionfale impotenza. Caffè del 7

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“Fermiamoli anche con le armi”, così il nostro ministro degli esteri, in prima pagina sul Corriere, parla del Daesh (non dice Isis, per non regalargli un fantomatico “califfato) e degli alleati (Shabaab, Boko Haram) che ammazzano cristiani per il solo fatto di esserlo. Risponde all’appello del Papa alla Comunità Internazionale perchè non distolga lo sguardo da quelle persecuzioni. Fa del suo meglio, Paolo Gentiloni, per dire che siamo pronti e determinati, ma non dice -non può dirlo- che il massacro in Kenya, le fosse comuni scoperte a Tikrit, l’assalto al campo dei profughi palestinesi a Damasco (con una manifestazione di protesta a Gaza contro Daesh) da qualche settimana sembrano solo l’epifenomeno di un’altra guerra, quella che una grande coalizione arabo sunnita sta combattendo (con la benedizione di Israele) in Yemen e in ogni sede diplomatica, contro l’Iran ma anche  contro Obama.

Francesco lo sa, e lo sa Obama che spiega a Thomas Friedman del New York Times come l’intesa con Teheran sia our best bet, la nostra migliore scommessa. Che l’America, è abbastanza forte per potersi fidare ma anche per colpire chi dovesse tradire. E mentre i giovani persiani sognano più libertà e democrazia, l’Arabia Saudita chiede aiuto al Pakistan, visti gli scarsi risultati dell’offensiva su Sana’a. Il Kenya bombarda due campi somali. Non si parla più della Libia. Si isolano i Curdi. Con le bandiere nere ormai sui sobborghi di Damasco

Solo il manifesto, “Si tocca il fondo”, apre con la Grecia. A Pasqua Christine Lagarde ha incassato la promessa di Varoufakis: la Grecia restituirà mezzo miliardo di interessi sul debito. Bravo, ma non basta! Gli gnomi del capitalismo finanziario vogliono che Tsipras proceda a un rimpasto, che faccia entrare nel governo i partiti responsabili del disastro greco, giusto per chiedere un altro prestito, promettendo di  serrare ancora la garrota al collo del popolo.  E sulla Grecia continua il silenzio assordante dello statista Matteo Renzi!

Peggio che un crimine è un errore. Financial Times pompa oggi in prima pagina il richiamo di Bruxelles a “Grecia, Portogallo, Spagna e Italia” per il sostegno dato alle banche. Da qui a venerdì il nostro governo dovrà decidere nuovi tagli per scongiurare l’aumento dell’IVA. “I sindaci sono in trincea”, dice Repubblica, con in testa Fassino e poco dietro il fido Nardella. Nè basta rivendicare di aver fatto “12 riforme in due anni” quando tutti sanno, e il Corriere lo sottolinea, come “le previsioni sul PIL italiano siano state sgonfiate dalla realtà: 14 punti in meno dal 2008”. Nè l’abolizione del Senato e delle Province, né la legge per l’elezione diretta del premier, cambieranno la realtà delle cifre.

Così Diamanti denuncia: “La solitudine di Matteo”. “Perché negli ultimi anni – osserva- si è assistito alla rapida devoluzione di tutti i corpi intermedi, di tutti i principali sistemi e organismi di mediazione fra società e Stato. Fra società e istituzioni”. Renzi ha assecondato il processo, facendo della destrutturazione il fulcro delle riforme! Ora però, “visto che tuttto -istituzioni, costituzioni, leggi elettorali-  è in corso d’opera. Matteo Renzi: è un uomo solo, affiancato da una cerchia stretta di persone amiche e fedeli. Agisce e decide — prevalentemente — da solo. Contro tutti”. “Probabilmente è ciò che gli interessa -continua Diamanti- ma non sono cero che ciò rifletta i suoi interessi. Un sistema dis-intermediato, senza più — o quasi — corpi intermedi, dove i poteri locali appaiono logori: rischia di diventare un serio problema di fronte a possibili, future emergenze. Economiche, sociali, civili. Interne ed esterne. Allora la solitudine potrebbe rendere tutto molto più difficile”. È che provo a dire da tempo. Più vince più resta solo, prigioniero di una trionfale impotenza.

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