Una Rai poco social

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Il direttore generale della RAI Gubitosi ha presentato alla Vigilanza il progetto di riforma dell’informazione della tv pubblica, sottolineando fra l’altro che “sempre di più l’utilizzo dei social media è diventato importante per l’azienda”. Su quest’affermazione non può nutrirsi alcun dubbio, visto che da qualche tempo l’ufficio del personale della RAI sta utilizzando assiduamente i social network, anche se con l’obiettivo di limitare la circolazione delle idee, più che di diffonderle.

Ne sa qualcosa l’inviato del TG1 Leonardo Metalli (nella foto), che si occupa occupa di web, spettacolo e musica, che nel giro di dieci giorni si è visto recapitare dall’ufficio del personale della RAI ben due lettere di contestazione disciplinare per avere pubblicato su Facebook le proprie opinioni su questioni riguardanti l’azienda. Opinioni intercettate dall’ufficio del personale, che dedica tempo e risorse per setacciare il web alla ricerca di critiche sgradite da parte dei dipendenti RAI.

Nel primo caso Metalli, all’interno di un gruppo su Facebook visibile solo agli iscritti e utilizzato come bacheca sindacale, aveva commentato il fatto –emerso nelle indagini giudiziarie su “mafia Capitale” – che il bar interno di Saxa Rubra fosse affidato alla cooperativa di Salvatore Buzzi, fra i principali indagati dell’inchiesta. Questa la frase incriminata: “Le Olimpiadi della mafia a Roma. Già in corso. Il direttore generale voleva controllare gli orari dei giornalisti Rai e non si accorgeva che i Bar erano dei mafiosi”. Sebbene quelle critiche non fossero accessibili al pubblico, l’occhio di Viale Mazzini le ha scovate, non è dato sapere con quali modalità. E la reazione non si è fatta attendere. Il Direttore del Personale della RAI Valerio Fiorespino ha contestato al giornalista di aver accostato in qualche modo l’azienda alla vicenda giudiziaria, ledendo l’immagine del Direttore Generale. Nonostante la ferma opposizione del sindacato Usigrai e dell’Associazione Stampa Romana, ai quali la RAI ha negato i chiarimenti richiesti sulle modalità dell’intrusione aziendale nel gruppo “chiuso” su Facebook, all’esito del procedimento disciplinare Metalli ha ricevuto la non lieve sanzione della sospensione per due giorni dal lavoro e dalla retribuzione, normalmente riservata dall’azienda ai casi di una certa gravità.

Ma, ancor prima di scontare la sua pena, pochi giorni dopo il giornalista ha dovuto affrontare il secondo procedimento disciplinare, questa volta per avere manifestato sul suo profilo Facebook la propria opinione sulla linea editoriale del TG1, scrivendo “Tutto fantastico per il Tg1 quello che fa il Governo. La realtà è molto diversa, pensionati senza cena e pochi regali di Natale per pagare le tasse sulla casa”, e rispondendo ad un utente “pensa ci lavoro e non riesco a cambiare niente”. Per quelle parole, che rimproveravano alla sua testata di appartenenza un atteggiamento filogovernativo, l’azienda lo ha accusato di aver tradito “gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede derivanti dal rapporto di lavoro”, anche se poi ha fermato all’ultimo la ghigliottina (per le recidive si rischia il licenziamento), non sanzionandolo ulteriormente ma rivolgendogli un cupo avvertimento per il futuro a “porre maggiore attenzione nei suoi comportamenti, con particolare riferimento all’esercizio del legittimo diritto di critica”: come dire, non accetteremo in futuro altre critiche, anche se legittime. Alla faccia della libertà di opinione e rottamando in un colpo solo l’articolo 1 dello Statuto dei Lavoratori e l’art. 21 della Costituzione.


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