Giornalisti: sulle nostre responsabilità occorre un cambio di marcia

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Un manifesto del buon giornalismo nell’era della crossmedialita’ e dei social network,una riflessione su come cambia il nostro ruolo nella tenaglia tra i post e la polverizzazione dell’offerta, che induce  a spararla piu’ grossa del media concorrente per trovare visibilita’ e clienti, siano utenti o lettori. Gianluca Amadori, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Veneto ha avuto il merito di proporre un dibattito scomodo per chi pensa di potersi adeguare, senza troppi pensieri , a quel che vogliono i tempi e i padroni.

Un’ analisi lucida, che mi sentirei di sottoscrivere e che deve essere il punto di partenza per l’acquisizione di ulteriori contributi. Prima ancora di leggerla sul sito di Articolo 21, mi era pervenuta attraverso una mail di Guido Columba, storico presidente dell’unione cronisti, segno che l’esigenza di una discussione su questi temi promana non solo  da chi vive, come Amadori, le tematiche da un osservatorio che privilegia la deontologia, ma anche da chi ,invece , si confronta, pure come organismo sindacale, con la quotidianita’ vissuta dai colleghi. 

A me sembra un invito a metterci la coscienza. Dal tema dell’affidabilita’ e della credibilita’ a quello della dignita’ delle persone , spesso vilipesa dalla spettacolarizzazione dei fatti raccontati, alla cautela nel dare le notizie sui suicidi.
Sulle nostre responsabilita’ occorre un cambio di marcia ; non basta la formazione permanente continua voluta dalla legge, ne’ servono le tante Carte se ,poi, le prassi quotidiane vanno in tutt’altre direzioni. L’Ordine dei giornalisti puo’, pero’, proprio sfruttando gli obblighi che la nuova normativa sull’aggiornamento impone, trovare molte occasioni , perche’ la riflessione culturale lieviti all’interno di una categoria, che, per una serie di ragioni, ha bisogno di essere scossa non tanto dal torpore, quanto da una sorta di sindrome da catena di montaggio. Anche perche’ il giornalismo professionale sara’ riconosciuto dalla gente solo se riusciremo a mettere una sorta di bollino blu’ all’informazione che proviene da noi. La figura del giornalista puo’ pure cambiare con gli strumenti che esistono oggi, ma deve rimanere centrale e di garanzia per il cittadino,altrimenti un qualunque cinguettio potra’ travolgere la verita’. Aggiungo un altro tema : Amadori parla giustamente della responsabilita’ dei vertici. Oggi in tv, ma non solo, c’e’ un problema che concerne vertici di trasmissioni che fanno informazione e che non sono vertici giornalistici. Credo che non per questo possano sottrarsi a una deontologia che e’ stata si’ costruita intorno all’ordine dei giornalisti, ma pur sempre nell’interesse dei cittadini e il Cnog , esercitando funzioni pubbliche dovra’ e, secondo me, potra’ trovare il modo
di mettere un freno al ” faccio quel che mi pare” di chi non  vuole essere iscritto.

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