A Venezia il segretario dell’Fnsi Raffaele Lorusso ad un direttivo dedicato alla legge sulla diffamazione

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Una proposta di legge che così com’è proprio non ci piace. Una legge che ha l’obiettivo dichiarato di togliere l’insulto del carcere per i giornalisti, e che invece rischia di aggravare la situazione. Al direttivo del sindacato dei giornalisti del Veneto c’erano tanti colleghi, anche lontani dal Sindacato, incuriositi e interessati dall’arrivo del neo segretario della Fnsi Raffaele Lorusso.

Il tema centrale della giornata, proposto dal sindacato Veneto e dal portavoce di Articolo21 Beppe Giulietti, era la legge sulla diffamazione in discussione in Parlamento, ma Raffaele Lorusso, alla sua prima uscita sul territorio dopo l’elezione al Congresso Nazionale di Chianciano, non si è sottratto alle domande dei colleghi: lavoro autonomo, equo compenso, uffici stampa pubblici e privati, televisioni locali, servizio pubblico, ruolo dei cdr. In pochi minuti, con il suo stile scarno ed essenziale, ha risposto a tutti dando immediata la sensazione di un sindacato che vuole e sta già iniziando a cambiare.

Bisogna rilanciare l’azione sindacale partendo dal territorio, ha detto Lorusso, ma non basta un sindacato di servizio serve anche un sindacato che sappia leggere il presente, prevedere il futuro ed elaborare strategie.

L’FNSI deve riuscire a tenere assieme il sindacato di sportello e la scuola studi. Un sindacato che non ha interlocuzione politica è costretto a limitare la sua attività al tentativo di gestire al meglio le crisi aziendali. D’altra parte, un sindacato che invece vola troppo alto e si limita a studiare perde il contatto con il territorio. Ed è per questo che l’FNSI deve riuscire a tenere assieme i due aspetti, un sindacato che lavora sui territori e che fa politica.

E allora, ha aggiunto Lorusso, la prima sfida sarà quella di cambiar prospettiva, di non incentrare tutta l’attività del sindacato nell’affrontare le crisi aziendali, gli esuberi, il problema delle uscite, i prepensionamenti e i pensionamenti. Perché questo è solo uno dei problemi del giornalismo italiano, ma è un problema che deve essere affrontato assieme a quello di chi invece rischia di non andare mai in pensione perché i più giovani hanno lavori precari e malretribuiti.

Questioni diverse, generazioni diverse che però devono imparare a lavorare in modo coordinato, ha detto Lorusso, bisogna riuscire a tenere assieme la questione delle uscite dalle redazioni con i problemi della generazione dei 40-50enni che rischia di diventare la generazione della “pensione Mai”, perché i più giovani appartengono alla generazione del “lavoro Mai”. E per raggiungere questo grande obiettivo il sindacato deve cambiare in profondità.
Davvero molto interessante e partecipato poi il dibattito sulla legge sulla diffamazione.

Lorusso ha ribadito che non piace la piega presa dal dibattito sul diritto di rettifica, che la legge sbaglia a non voler affrontare il grande problema delle querele temerarie nonostante la Corte Europea di Giustizia abbia più volte sottolineato  che sono il mezzo utilizzato dai potentati economici e politici per zittire i giornalisti scomodi.

Il portavoce di Articolo 21 Beppe Giulietti ha ricordato che le pressioni e le intimidazioni possono avere molte facce: in Italia ci sono 12 giornalisti sotto scorta perché minacciati dalla criminalità organizzata, ma contemporaneamente, e questo di sicuro fa meno notizia, le querele temerarie sono in costante aumento. Situazioni che confermano l’anomalia italiana e che federazione e ordine devono porre con forza e al più presto all’attenzione del Governo e del presidente della Repubblica.

E allora Lorusso e Giulietti concordano sulla necessità di far partire in tempi molto rapidi una grande iniziativa nazionale che riporti al centro del dibattito la Legge sulla diffamazione e che per prima cosa cerchi l’alleanza con i cittadini per spiegare che i giornalisti non vogliono l’impunità, ma che solo con giornalisti liberi da pressioni si può avere una informazione libera.


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