Francesco sfida il Medio Evo

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«Cari fratelli – ha scandito Bergoglio domenica 15 febbraio davanti ai nuovi cardinali- guardando a Gesù e alla nostra madre Maria, vi esorto a servire la Chiesa in modo tale che i cristiani, edificati dalla nostra testimonianza, non siano tentati di stare con Gesù senza voler stare con gli emarginati, isolandosi in una casta che nulla ha di autenticamente ecclesiale.
Vi esorto a servire Gesù crocifisso in ogni persona emarginata, per qualsiasi motivo; a vedere il Signore in ogni persona esclusa che ha fame, che ha sete, che è nuda; il Signore che è presente anche in coloro che hanno perso la fede, o che si sono allontanati dal vivere la propria fede; il Signore che è in carcere, che è ammalato, che non ha lavoro, che è perseguitato; il Signore che è nel lebbroso, nel corpo o nell’anima, che è discriminato!».

Quindi ha concluso: «Non scopriamo il Signore se non accogliamo in modo autentico l’emarginato! Ricordiamo sempre l’immagine di san Francesco che non ha avuto paura di abbracciare il lebbroso e di accogliere coloro che soffrono qualsiasi genere di emarginazione. In realtà, sul vangelo degli emarginati, si scopre e si rivela la nostra credibilità!».
Il discorso del Papa in una circostanza così importante e simbolica come la prima funzione con i nuovi “principi di Santa Romana Chiesa” ha un significato chiaro: il papa punta a mettere, o rimettere, al centro della Chiesa il più importante discorso di Gesù, il celebre discorso delle Beatitudini. E’ solo il solito discorso del rinnovamento nel ritorno alle origini?. No.
Una lunga tradizione storica aveva trasformato in caposaldo della Chiesa, dai tempi di Costantino, il rapporto tra papato e impero. Da perseguitati dall’Impero i cristiani diventavano i depositari della legittimità dell’imperatore stesso. Un capovolgimento storico che nella consapevolezza di tutti è rappresentato dalla celebre frase “Parigi val bene una messa.”

Questa rivoluzione, da perseguitati del potere temporale a legittimatori del potere temporale, si è ovviamente tradotta -non per volontà ma per necessità- in alleanza politico-economica. Quindi in un progressivo allontanarsi dal discorso delle Beatitudini. Era la Chiesa che cambiava l’Impero o era l’Impero che cambiava la Chiesa?

Ne è passato di tempo da allora, ma la speciale relazione è rimasta. E se per molti restare nel perimetro costantiniano voleva dire sperare di cambiare Costantino, il primo papa sudamericano vede la necessità di distanziarsi da Costantino, in linea con le grandi novità del Concilio Vaticano II, anche perché il cristianesimo ai suoi occhi e nella sua esperienza personale, è espressione di un’umanità sempre più lontana dall’Impero, in quel Terzo Mondo dove essere costantiniani equivarrebbe a essere contro se stessi. Il suo dunque non è solo un discorso “ideale”, ma anche concreto, logico. La prospettiva cristiana si è capovolta nel corso dei secoli: il vecchio mondo imperiale cristianizzato, l’Occidente diciamo così, si è scristianizzato, e rimanere con esso significherebbe tradire il proprio e per di più aiutare l’Occidente a diventare sempre meno cristiano.
Bergoglio non va preso per “un comunista anti yankee” , ma per il primo successore di Pietro che vede lucidamente come la Chiesa costantiniana oggi sarebbe contro la sua vera base di riferimento: basta guardare le statistiche per capire che ha ragione.

Ma c’è un altro valore, epocale, nel discorso di papa Bergoglio. Il cristianesimo che lui disegna sveste i panni cinematografici della fede crociata o colonizzatrice che sono diventati stereotipo eterno agli occhi di mondi interi, proprio nei giorni in cui l’ISIS cerca di imporre cerca di imporre un’immagine cinematografica globale a un islam fatto di scimitarre e bandiere nere volanti, decollazioni teletrasmesse e identificazione con il potere politico, “califfale”. In questo senso la sfida di Bergoglio è la vera sfida di sostanza e di “modernità” alla sfida dell’ISIS.

* da “Il Mondo di Annibale”

 


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