Ma quale altra metà!  Samantha è oggi tutto il Cielo…

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Grazie ché mi hai completamente tirato fuori dalla Terra per quasi 24 ore. Sono stata attaccata a tutti i monitor (web ché quelli TV hanno preferito voracemente proseguire con il loro abituale aggancio allo spazio terra-terra)  per raccogliere gli istanti:  dalla tua vestizione prima della partenza al tuo abbraccio con i compagni raggiunti nell’ISS, passando per la tua espressione al momento del distacco dell’ultimo stadio (meno di 9 minuti dalla partenza) che ti portava in orbita. In quel momento c’è stato uno scossone e tu hai voltato il viso verso il comandante urlando o sussurrando (a seconda dei punti di vista) un “WOW!”.  E così il pupazzetto di peluche appeso al soffitto (dono di Kira, figlia del tuo comandante Soyuz) s’è librato in volo senza più gravità.

Da che l’ho vista la prima volta ho rimpannucciato l’espressione del suo sguardo nella scatola dei miei sentimenti,  perché gli occhi che ridono o sorridono sempre sono preziosi, sprecarne anche solo un accenno si fa “peccato”! Di questa donna trentasettenne da oggi, più che mai, potrete leggere milioni di parole, ma soprattutto potrete fare domande: tutte quelle che vi vengono in mente (http://avamposto42.esa.int/ ).  Lassù lavorerà per la Terra tutta e in modo particolare (è il suo obiettivo primario) sulla nutrizione degli umani. Tra i pochissimi etti estremamente personali che le sono stati concessi di portare con sé Samantha ha la bandiera “Slow Food”. I cibi con cui si nutrirà lassù, sapientemente preparati in modo naturale da Argotec, appartengono a quel sigillo. Il cibo non è solo il carburante per avviare la “macchina del corpo”, bensì (e soprattutto) il mezzo per insufflare  la Vita a quella macchina!

Ci piacerebbe dire che quando la Terra comprenderà appieno il significato e il significante di questo assunto il mondo sarà migliore. Oggi siamo purtroppo solo (o già?) nella fase condizionale: “SE la Terra comprenderà…”

Samantha, oggi oltre la Terra, è perfetta dimostrazione di speranza. Sprecarla sarebbe “peccato” mortale, dunque irreversibile.


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