Palestina e Israele, crescono le vittime civili. Ma si muore anche altrove. Siria, Mali, Centrafrica… Nel silenzio dei media

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C’è solo un posto al mondo dove la guerra, alcuna guerra, non viene dimenticata: il web. Basta andarci dentro, per accorgercene. Non ci credete? Facciamo un giro. Sappiamo, più o meno tutti, che sono ore di terrore in Palestina e in Israele. Cinque i giorni d’attacco israeliano a Gaza, ad oggi. I morti sono 121, i feriti 900. L’80 per cento delle vittime – le fonti sono mediche – sono civili, così come civili, cioè donne, bambini, anziani e uomini non in armi – sono i migliaia che sono fuggiti dalle zone pericolose. Dall’altra parte della linea, in Israele, i civili – si, sempre i civili, anche lì – vivono nel terrore creato da almeno un centinaio di razzi che gli sono piovuti in testa. Sono cose che sappiamo, ce le raccontano i giornali e i tg.

Gli stessi giornali e tg non ci dicono, però, che mentre si muore a Gaza, si muore anche altrove. Ad esempio, in Centrafrica: quattro giorni fa, l’ennesimo attacco, questa volta nella cattedrale Saint Joseph di Bambari, che ospitava circa 12mila persone, fuggite dalle zone di guerra. I morti sono stati 22 morti,  32 i feriti. Cercate la notizia sui media ufficiali. Soprattutto, trovatela – se ne siete capaci – quella notizia.

Se, frustrati dall’inutile ricerca, volete provare a rifarvi, cercate allora novità  su quanto accade in Sudan e Sud Sudan, dove la guerra – ci hanno detto – è finita nel 2012. Probabilmente non lo hanno raccontato ai Nuba, popolo fiero, che vive però in una zona sbagliata, che tutti vogliono. Così, nel silenzio quasi totale, viene massacrato, ogni giorno, dalle bande filogovernative di Karthoum. E dove non arriva la guerra, sono le malattie ad uccidere: 315 i casi di colera mortali dall’inizio dell’anno. Tg e giornali non ne parlano, quasi mai. Si parla poco, ormai, anche di quanto accade in Siria, una guerra così vecchia da essere passata di moda, non fosse per il fastidio creato da due milioni – l’equivalente degli abitanti di Milano, tutti – di profughi che stanno invadendo il Medio Oriente e tendono ad arrivare anche in Europa. Non si parla del Sahara Occidentale, della Bosnia con le sue contraddizioni, degli effetti golpe militare in Thailandia, del riarmo della Cina, dei colpi di cannone quotidiani fra India e Pakistan, delle stragi in Mali.

Unico luogo dove tutto questo trovate è, appunto, il web. Lì, come navigatori solitari, potete capire e sapere, imparando magari a districarvi fra le false notizie e la buona informazione, ma potete trovare.

In quella specie di mare vi è ancora permesso pescare informazioni e grazie a questo tentare di fare quello che, come cittadini, dovreste fare per garantirvi pezzi di libertà: formarvi un’opinione. E’ una fatica, lo so, ma è l’unica strada che rimane, l’unica via ancora ammessa. Navigando, in questi ennesimi giorni difficili, potreste capire che non è vero che Israeliani e Palestinesi combattono l’unica guerra del Pianeta. Potreste comprendere che far diventare quell’eterno scontro il “padre di tutti i conflitti” è utile, funzionale, quasi un buon business, in cui molte parti in causa guadagnano. E allora potreste pensare che si può dire basta ad una catena di violenza che dura da 66 anni e nessuno vuole seriamente interrompere.


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