Lezioni di mafia

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Quando la Rai ha chiesto a Piero Grasso di scrivere e registrare il ciclo di “Lezioni di Mafia”, l’allora Procuratore Nazionale Antimafia ha risposto: “la questione non è se lo voglio fare , è che io lo devo fare!”. Ed un motivo c’è, spiegato anche nel libro con 2 DVD uscito a gennaio per la SPERLING & KUPFER: un obbligo morale che nasceva dalle origini di questo progetto, quelle Lezioni di Mafia che l’allora direttore del tg2 Alberto La Volpe, cominciò a studiare con Giovanni Falcone nel novembre 1991 e che dovevano andare in onda dal giugno del 1992. La strage di Capaci interruppe con la violenza della morte quel progetto,poi realizzato con altri ospiti nell’estate di 22 anni fa. Per questo, quando vent’anni dopo , nel 2012, Rai Educational propose la registrazione di 12 lezioni per spiegare la mafia, Pietro Grasso accettò senza indugi, proponendo per la registrazioni di queste lezioni, l’aula Magna della Cassazione. Là proprio dove, il 20 gennaio 1992, si decise la sorte definitiva del maxi processo di Palermo, con la condanna della cupola di cosa nostra e la definitiva consacrazione alla Storia della verità e del cosiddetto teorema Buscetta, che inchiodò definitivamente i boss di cosa nostra all’ergastolo. Fu quella sentenza che aprì la stagione delle stragi: ed è in quell’aula che cominciano le 12 “Lezioni di mafia”. Che cominciano con la presentazione del Procuratore Grasso, “per il quale Palermo ha determinato scelte importanti della sua vita” e che si concludono significativamente con un altro obbligo morale:”cercare la verità sino all’ultimo soffio di vita”. Ed è ovvio che si parla della mafia, degli intrecci con la politica, gli affari,i traffici internazionali, la malavita americana o cinese. Una mafia che è al centro di una economia illegale che coinvolge il 10% del Pil italiano, una economia pari a 170 miliardi di Euro l’anno, 75 dei quali sottratti al Fisco, secondo le ultime inchieste coordinate dalla Guardia di Finanza.
Le lezioni di mafia tenute dall’attuale Presidente del Senato, sono rivolte a tutti, ma soprattutto ai giovani, raccontando le origini della “maffia” sino alla attualità: dodici puntate per scoprire dall’interno i rituali di affiliazione, i ritratti, le regole, la vita quotidiana, i meccanismi di governo, i delitti, le connivenze di Cosa Nostra, il futuro e le nuove capitali dell’impero malavitoso. E per scoprire quale è stata, come si è sviluppata e rafforzata nel tempo, la risposta dello Stato, raccontando le storie dei tanti uomini che hanno sfidato la mafia, in particolare di quelli che per combatterla hanno perso la vita. Lezioni di Mafia scava dentro il sistema mafioso e ,in quei dodici appuntamenti, restituisce una rappresentazione fatta di nomi, regole, storie, rete di complicità, intrecci, misteri, ambiguità. Da Palermo, capitale della Mafia, il racconto si allarga al resto dell’Italia del mondo, mostrando tutte le connessioni internazionali di una Holding del Crimine dai fatturati in perenne crescita. Nei video , le lezioni sono intervallate da ampi stralci di repertorio di cui sono ricche le Teche Rai, con interviste esclusive, documenti originali e le immagini dei momenti storici più significativi delle vicende mafiose, che accompagnano le riflessioni del Procuratore, sottolineandone i passaggi più salienti. Pietro Grasso veste così i panni del docente e del testimone, dell’esperto e del protagonista dei fatti.
Nelle sue lezioni si alternano sempre storia, attualità, ricordi personali, aneddoti: come quando un pentito porta i magistrati di Palermo sino ad un campo in Svizzera dove fece dissotterare una sacco pieno di dollari,frutto del traffico di droga della “Pizza Connection”. Ed alla domanda dei magistrati rispose candidamente che gli avevano suggerito di portare i soldi in Svizzera,perché sarebbero stati al sicuro. Dove la sottocultura dei mafiosi si rivela nella sua antica radice contadina,con antiche diffidenze verso banche e banchieri, mischiata al culto dei “piccioli”, i soldi. O come quando Gaspare Mutolo, appena diventato collaboratore di giustizia, rivela candidamente ai magistrati che “ai mafiosi piace di più stare in carcere con i soldi, che liberi ma poveri”.
Ma il percorso delle Lezioni spiega, ragiona, individua i lati oscuri del potere. Perché la mafia non può fare affari e governare un territorio se non ha il consenso dei cittadini. “Senza il consenso — spiega Pietro Grasso — la mafia non esiste”. Per poter penetrare tra la gente e perpetuare il proprio potere, Cosa Nostra ha avuto bisogno di un forte richiamo identitario da parte dei suoi stessi adepti. Sono così nati quei rituali di costruzione dell’identità dell’organizzazione che permettono all’organizzazione di radicarsi sul territorio, guadagnando consenso interno ed esterno. Prova ne sia la storia di un “decalogo” trovato nel covo del boss Salvatore Lo Piccolo: le dieci regole da seguire per far parte dell’organizzazione. Dal “portare rispetto alla moglie” al “non frequentare taverne e circoli”, la mafia si è data nel tempo un codice di comportamento, delle regole morali che consentono l’autoconservazione della propria identità e fanno da monito e da precetto per chiunque voglia entrare a far parte dell’organizzazione. E’ la stessa mafia capace di far giustizia da sé, al posto delle istituzioni, laddove queste non sono capaci di intervenire e ristabilire l’ordine. “Per me, giovane magistrato, fu un colpo pensare che Cosa Nostra potesse sostituirsi allo Stato”, spiega Grasso.
E poi il viaggio dentro la mafia tocca le metamorfosi sociali, culturali ed economiche che hanno favorito il consolidamento economico del potere criminale mafioso: dalla mafia del latifondo al business dei sequestri, dalla droga fino al riciclaggio del denaro sporco. Arrivando a toccare quei rapporti con la politiche che fanno della mafia una criminalità diversa e più potente delle altre;perché entrata negli affari che hanno modificato e stravolto il nostro paese e la Sicilia nel dopoguerra: dal sacco di Palermo degli anni ’60, al racket delle estorsioni, ai grandi appalti pubblici condizionando la società, la politica, l’economia. E come la politica si fa condizionare pur di raccogliere voti e consenso. Sino a quella sottocultura che però permea anche usi,abitudini e costumi popolari:da sempre la mafia si è appropriata di simboli e ritualità legate alla religione. Boss devoti e prelati conniventi o collusi sono spesso andati a braccetto. Una complicità connaturata nelle tradizioni siciliane, che ha portato vantaggi reciproci, fin quando l’anatema di Giovanni Paolo II, nel 1993, ha tracciato un solco tra Chiesa e Cosa Nostra. E poi la donna come elemento di unione della famiglia ed anche delle “famiglie” mafiose. La storia di mogli, madri e sorelle fedeli, che proteggono i familiari mafiosi e ne fanno le veci. Dall’altra parte le donne ribelli, che hanno saputo opporsi al giogo di Cosa Nostra, mettendone in discussione il potere e la legittimità. “Come disse Giovanni Falcone — spiega il Procuratore Grasso – sono proprio le donne che possono aiutarci a scardinare il sistema mafioso”.
Infine il viaggio dentro la mafia tocca gli strumenti di indagine e la storia:i pentiti, prima dei quali si sapeva molto poco di cosa nostra. Con le dichiarazioni di Tommaso Buscetta, si è riusciti a conoscere struttura e funzioni della Cupola mafiosa, e a sferrare il primo vero attacco dello Stato a Cosa Nostra. “I pentiti sono da sempre il veleno per Cosa Nostra” spiega Grasso, che tocca il maxi processo di Palermo,possibile grazie al pool di magistrati che vedrà in prima linea Falcone e Borsellino: storia e aneddoti di un evento epocale per la giustizia italiana e per la lotta alla mafia. Quindi le stragi del 1992 e 1993, spartiacque nella storia del Paese. La morte di Falcone e Borsellino è il culmine dell’attacco stragista di Cosa Nostra allo Stato. Ma è anche lo snodo cruciale per capire i rapporti ambigui tra Cosa Nostra e parti delle Istituzioni. “Per comprendere certe cose – riflette il Procuratore Grasso — ci sarebbe bisogno di un pentito anche a Roma”.Sino alla domanda cruciale di questi anni, che ,passando per uno snodo cruciale sulle altre mafie “sorelle” della mafia ed oggi anche più più pericolose di cosa nostra(‘ndrangheta e camorra soprattutto) allunga la storia mafiosa nel nostro Paese sino ad approdi verso il futuro ancora inquietanti : perché la questione mafiosa sembra essere una eterna emergenza in Italia?
Una risposta che sembra essere racchiusa ancora una volta nell’intervista a Giovanni Falcone che chiude simbolicamente le Lezioni di Mafia, quando il magistrato disse:” la mafia è un fenomeno umano ,che ha avuto un inizio ed avrà una fine.“ Chiamando però a questo finale di partita le istituzioni,la società tutta, i giovani,la scuola,la cultura, la politica. Per battersi unita contro la criminalità mafiosa : Oggi ci sono strumenti nuovi, rilancia Grasso, come la confisca dei beni mafiosi che da sempre allarma i mafiosi perché gli tocca la ricchezza sottratta con la violenza alla comunità. Ma restano intatti i vecchi problemi. Mafia e politica, affari e droga, appalti e riciclaggio.
La guerra alla mafia è sempre ad un nuovo inizio:ma i giovani oggi hanno più consapevolezza. E la speranza è giovane.


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