Padre Dall’Oglio: tre mesi di silenzio

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L’ultima notizia in questo muro di silenzio è del 7 ottobre, due settimane fa: “Padre Paolo Dall’Oglio è vivo e viene trattato bene dai suoi sequestratori, appartenenti all’organizzazione estremista Stato Islamico dell’Iraq e del Levante”. Lo ha detto l’attivista antiregime Khalaf Ali Khalaf, che ha citato fonti vicine al gruppo estremista legate ad al-Qaeda. Le fonti “hanno avvistato il gesuita italiano Dall’Oglio sabato scorso – ha dichiarato l’attivista all’agenzia di stampa Aki-Adnkronos International – in una zona nel nord” della Siria, dove è attivo lo Stato Islamico.

Per paura di rappresaglie, Khalaf, giornalista e attivista antiregime che si trova nel nord-est della Siria, non ha voluto rivelare l’identità delle sue fonti, né dove sia stato avvistato esattamente Dall’Oglio, scomparso dalla città di Raqqa il 28 luglio scorso. La Coalizione nazionale dell’opposizione siriana aveva espresso in precedenza “profonda preoccupazione” per la sorte del gesuita, invitando gli attivisti a Raqqa a fornire qualunque informazione utile a individuare Dall’Oglio e a garantire la sua sicurezza”.

Il gesuita italiano si era recato nel nord della Siria, paese dal quale era stato espulso a giugno dello scorso anno, per negoziare la pace tra gruppi jihadisti e curdi. Sicuramente le trattative non sono mai state interrotte, ma intanto sono passati tre mesi dalla sua scomparsa. Emma Bonino, ministro degli esteri, ha spiegato che ogni rapporto è complicato dalla difficile situazione sul terreno e dalla «scarsa linearità di comando» tra i gruppi che rende difficile individuare gli interlocutori, per cui “i canali restano fragilissimi e contradditori”. L’ultima volta in cui è stato visto ufficialmente, padre Paolo ha partecipato a un banchetto con lo sceicco della tribù Avadilat, Mouhammad Faycal Al Houeidi, proprio per parlare di tali questioni e per cercare di istaurare un negoziato. Nei giorni precedenti, però, il gesuita aveva partecipato a una manifestazione dei giovani del FSA in cui aveva elogiato la rivoluzione e i suoi ideali. Per questo potrebbe essere caduto nel mirino delle stesse fazioni islamiste (perchè visto come «alleato del Fsa») o di loro schegge impazzite. Secondo alcuni, sarebbe stato condotto in una località chiamata Akarsheh, a 20 km da Raqqa. Voci, ma come al solito nessuna certezza.


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