Gli sbarchi continuano e la piccola Lampedusa resta la porta di un’Europa distratta

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Un funerale senza morti, nonostante i quasi quattrocento corpi chiusi nei sacchi prima e nelle bare poi, allineati uno a fianco all’altro nel capannone dell’isola di Lampedusa.
Un funerale senza nomi per gli otto bambini accompagnati solo da un orsacchiotto, l’unico compagno rimasto che non si preoccupa di sapere se l’amico del cuore ha i documenti in regola oppure no. “I vostri nomi sono scritti nel cielo” si legge sulla tomba che li ha accolti. Per gli altri – gli adulti identificati solo da un numero –  i nomi sono scritti nel mare insieme ai quelli delle migliaia di donne e uomini che nel Mediterraneo hanno lasciato anche il loro corpo, abbracciato ai loro sogni.
Un funerale senza i familiari e gli amici dei morti, rimasti chiusi nel CIE, come criminali quali sono per la legge sull’immigrazione: pericolosi clandestini da tenere dietro le sbarre in nome della nostra sicurezza. Loro lontani, vicino invece c’era l’ambasciatore etiope, rappresentante di quel governo che ha costretto alla fuga e ha spinto verso la morte intere famiglie, disposte a rischiare la vita per un vita degna.
Non hanno avuto buona accoglienza neanche i nostri politici, che sono passati a fianco agli striscione con scritte come “sangue nostrum” o “vittime delle vostre leggi”.
Si chiedono nuove leggi per l’Italia e un maggiore impegno dell’Europa Intanto gli sbarchi continuano, e la piccola Lampedusa resta la porta di un’Europa distratta, troppo presa com’è dai problemi dell’euro per occuparsi della vita e della morte di migliaia di persone che spingono per entrare, per sfuggire alle violenze e alle dittature, per riunirsi alle loro famiglie già approdate nel vecchio continente, per tornare a sperare.


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