Raid vandalici nei frutteti di Libera

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Nella notte tra domenica e lunedì il sistema di irrigazione dei frutteti di Libera- Nomi e numeri contro le mafie, a Pugliano, frazione di Teano, nel casertano sono stati trancianti in diversi punti. Sono stati tagliati gli impianti di irrigazione del pescheto e del meleto, manomesse e/o sottratte tutte le chiavi d’arresto e i frutti dei primi tre filari di alberi di pesco – pronti per essere raccolti – sono stati presi e buttati in terra rendendoli così inutilizzabili. Un atto vandalico, o meglio un atto di intimidazione ai danni della cooperativa Le Terre di Don Peppe Diana, afferente a Libera, che gestisce in accordo con la Prefettura e il Comune di Teano25 ettaridi frutteto sequestrati – negli anni ’90 – al clan Magliulo di Afragola.

Questi terreni sono stati affidati alla cooperativa poco più di un anno fa’, eppure erano confiscati da anni – ma un po’ per la lentezza giudiziaria e più in generale per la poco efficienza del sistema amministrativo – perdurava una situazione di illegalità comune a molte realtà confiscate e sequestrate per le quali non si dispone nell’immediato un’attività di recupero e riutilizzo del bene.

Sui frutteti continuava a lavorare il vecchio fattore che già precedentemente se ne occupava e tra alterne vicende – tra cui la disattenzione dell’amministrazione locale a consegnare nei tempi congrui la comunicazione formale – lo sgombro è arrivato solo a fine estate. E così la Prefettura ha deciso di affidarli – a ridosso del periodo di raccolta dei frutti – alla Cooperativa Le terre di Don Peppe Diana che già gestiva e gestisce90 ettaridi terreno sequestrati a vari clan del casertano e un piccolo caseificio a Castel Volturno.

Il raid notturno ha costituito un atto di intimidazione vero e proprio, volto ad arrecate non solo un danno economico – diverse migliaia di euro, in particolare per il vilipendio dei frutti – ma soprattutto ad intimidire e demoralizzare i ragazzi della cooperativa che già l’anno scorso avevano denunciato il furto di quantitativi considerevoli – diversi quintali – nelle notti e nei fine settimana in cui gi operai non erano a lavoro. D’altronde a uno dei soci è capitato di imbattersi in pseudo-raccoglitori di funghi, ansiosi di trovare i pregiati miceti su piante – quali pesco e melo – e in periodo a dir poco improbabili; presumibilmente erano lì per un qualche sopralluogo.

Su questi stessi terreni nelle scorse settimane c’è stata una tappa del Festival dell’Impegno Civile, ospite non solo Roberto Fiorillo, agronomo della Cooperativa Le terre di Don Peppe Diana, ma anche il magistrato Raffaello Magi che ha sottolineato l’importanza della presa di coscienza politico-sociale nel settore del recupero dei beni confiscati. Il riutilizzo del bene confiscato è da  intendere come il completamento del ciclo della legalità, per sottrarre sostegno economico alle realtà criminali. Bisogna anche capire che il riutilizzo dei beni confiscati non passa attraverso una sigla, quale quella di Libera, ma attraverso un cambio di mentalità. Durante il Festival avevano lasciato perplessi i presenti le parole della moderatrice del Convegno, Alessandra Tommasino, che aveva raccontato di quando – come portavoce di Libera – si era recata la prima volta su quel terreno a parlare con chi lavorava lì e si era sentita dire: “E va buò signorì, mi faccio la tessera con Libera e continuo a faticà qui”. L’illegalità diffusa rischia di essere molto più corrosiva delle attività criminali vere e proprie.

Lavorare sui beni confiscati non è mai facile, lo sanno bene tante cooperative afferenti a Libera che sono state spesso oggetto di atti vandali, se non addirittura di saccheggi e incendi come è capitato in Sicilia, e agli stessi soci della Cooperativa che a luglio dell’anno scorso hanno visto andare in fumo dodici ettari coltivati a grano, il giorno prima del raccolto, in località Cento Moggi a Pignatato Maggiore, su terreni che hanno un’altra storia e sono stati sequestrati ad altri clan.

Tra tante negatività è bello raccontare anche qualcosa di positivo: in occasione dell’incendio gli agricoltori biologici di Alce Nero – terreni di Altamura, Gravina e Matera – che hanno donato 78 quintali di grano per fare la pasta di Libera, e in particolare i “Paccheri”, per dare uno schiaffo alla criminalità. Infondo come ha dichiarato Don Luigi Ciotti: quest’atto vandalico è “un grave segnale che ci preoccupa ma non ci ferma: ai segni del potere criminale rispondiamo ancora una volta con il potere dei segni quello dell’impegno e della corresponsabilità”.


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