Chi controlla il ‘Grande fratello’?

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Cresce il movimento d’opinione contro il governo degli Stati Uniti in seguito alle rivelazioni sulle violazione della privacy dei cittadini da parte della National Security Agency. Scandalo scatenato da Edward Snowden, il 29enne informatico, che al Guardian e al Washington Post aveva raccontato alcuni dettagli del programma di sorveglianza Prism.

Per l’agenzia, al centro delle polemiche a causa delle sue attività di spionaggio, è arrivata la prima grana giudiziaria. A chiamarla in causa, presso un tribunale federale di New York, è stata ieri la Aclu, ‘American Civil Liberties Union’, un’organizzazione non governativa che si occupa di diritti civili. L’accusa è quella di aver controllato milioni di tabulati telefonici ed essere entrata nei server di diverse grandi aziende Internet attraverso il programma Prism.
Secondo il Wall Street Journal, Aclu sostiene che l’agenzia abbia violato i suoi diritti costituzionali visto che compariva tra i clienti di Verizon, la compagnia telefonica che ha consegnato i tabulati alla Nsa.
Ma l’Aclu si è spinta oltre. Ha chiesto infatti ai giudici, di dichiarare incostituzionale il controllo dei dati perché questo rappresenta una palese violazione delle regole che governano la sorveglianza dell’intelligence sui paesi stranieri.
Nel fascicolo si chiede anche lo stop alla raccolta dei dati da parte dell’Nsa e la distruzione di quelli in suo possesso.

E oggi anche il New York Times torna ad attaccare il potere Usa su questa sorta di raccolta a strascico dei dati personali, e lancia un monito ai suoi lettori: gli americani, scrive in sintesi il quotidiano statunitense, non si facciano ingannare da quei politici che li mettono di fronte alla “falsa scelta” tra sicurezza e privacy. Qui non è in discussione la necessità che il governo persegua i terroristi. La sicurezza, però, può essere garantita con metodi meno intrusivi e ampi, senza calpestare le libertà democratiche e i diritti fondamentali. E su questo, finora, denuncia il giornale, troppo poco è stato detto dalla Casa Bianca o dal Congresso.
L’ultimo sondaggio di Washington Post e Pew Research Center, ricorda il NYT, rivela che la maggioranza degli americani non è preoccupata dal pervasivo sistema di sorveglianza emerso in questi giorni, probabilmente a causa della fiducia che ripone nel presidente Barack Obama ma, avverte il giornale, nessuno sa chi occuperà la Casa Bianca o chi guiderà in futuro le operazioni dell’intelligence. La capacità del governo di mettere insieme, conservare e condividere informazioni sui cittadini è cresciuta in modo esponenziale da quando Edgar Hoover, come direttore dell’Fbi, raccoglieva informazioni su leader politici e attivisti per rafforzare il suo potere e placare il dissenso. Ecco perché, conclude il Times, “occorrono protezioni contro gli abusi, in questa era digitale di vere minacce terroristiche”.

Posizioni importanti, quelle della stampa e delle organizzazioni per i diritti civili, che in molti casi però non corrispondono a quelle dell’opinione pubblica. In gioco, è bene essere chiari, ci sono le libertà individuali e la democrazia, sempre più spesso sacrificate sull’altare della sicurezza nazionale, ma anche del profitto globale dei padroni del Web. Giganti come Apple, Google, Amazon e altri ancora, che hanno in pancia miliardi di informazioni sulle nostre vite: abitudini, gusti sessuali, inclinazioni, opinioni politiche, luoghi e persone che frequentiamo; persino i sogni. Dati che possono utilizzare a loro piacimento e secondo i loro interessi. Di fatto senza nessun controllo.


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