Convenzione per le riforme costituzionali, una proposta irricevibile

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Cara/o Deputato, cara Senatrice/Senatore,
dopo l’insediamento del nuovo governo è venuta all’ordine del giorno la proposta, rilanciata dal Presidente del Consiglio ma formulata dal gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali convocato dal Presidente della Repubblica, di istituire una inusitata Convenzione per le riforme costituzionali. Secondo la proposta dei “saggi” per procedere alla revisione della Costituzione bisognerebbe istituire una “Commissione redigente” mista costituita su base proporzionale da parlamentari e non parlamentari con il compito di redigere un testo di riforma da presentare al Parlamento che dovrà votarlo articolo per articolo senza emendamenti.

Orbene tale proposta è irricevibile perché integrerebbe un vero e proprio illecito costituzionale! Il potere di revisione costituzionale, infatti, non è un potere costituente, né può essere modulato di volta in volta secondo le convenienze politiche. Esso è un potere “costituito”, incardinato nella regola dell’art. 138 che garantisce la sicurezza della Costituzione disciplinando la sua revisione attraverso un procedimento legislativo aggravato che prevede modifiche limitate ed omogenee. Con questa regola viene garantita la rigidità della Costituzione e viene impedito che maggioranze politiche contingenti possano disporre a proprio piacimento di quel patrimonio di valori e beni pubblici repubblicani che i costituenti hanno consegnato al popolo italiano.

La cosiddetta Convenzione per la riforma costituzionale introdurrebbe un procedimento di revisione non previsto dalla Costituzione, allargando le maglie dell’art.138 Cost. Secondo la riserva formulata dal prof. Onida, il progettato ricorso a organismi redigenti non previsti dall’ordinamento, rischierebbe di “innescare un processo ‘costituente’ suscettibile di travolgere l’intera Costituzione” di cui, pur nelle opportune puntuali modifiche, vanno mantenuti fermi “i principi, la stabilità e l’impianto complessivo”. Il ricorso a procedure di revisione non consentite dall’ordinamento si traduce in una delegittimazione della Costituzione e contraddice apertamente il pronunciamento del popolo italiano che, attraverso il referendum del 25 e 26 giugno 2006 – a stragrande maggioranza – ha riconfermato la propria fiducia nel valore della Costituzione ed ha sfiduciato quelle tendenze politiche che miravano a sconvolgere il carattere democratico dell’ordinamento costituzionale.

La Costituzione non può essere modificata nei suoi principi fondamentali, nella struttura di base e nella forma di Stato, né possono essere cancellati i diritti o ridimensionata l’autonomia e le funzioni delle istituzioni di garanzia. Se si vuole ridurre il numero dei parlamentari o superare il bicameralismo perfetto, modificando le attribuzioni del Senato, queste riforme sono percorribili attraverso il procedimento di revisione previsto dall’art. 138 Cost. Ti chiediamo, pertanto, di opporti decisamente ad ogni atto parlamentare con il quale venga disposta o prefigurata l’istituzione di una siffatta Convenzione o Commissione redigente! E’ invece necessario che il Parlamento si attivi immediatamente per espungere dall’ordinamento giuridico l’attuale legge elettorale, che presenta aspetti palesemente incostituzionali ed è la causa principale del distacco dei cittadini dalla politica e dell’insofferenza verso il ceto politico, concepito come una “casta”.

L’attuale legislatura è esposta al rischio obiettivo della sua fine anticipata ed imprevedibile. Per questo la riforma elettorale è il primo atto a cui sono chiamate le Camere se vogliono scongiurare il pericolo che si torni di nuovo alle urne con il porcellum. In quest’ipotesi si verificherebbe una situazione di gravissimo rischio per la democrazia costituzionale poiché, di fronte alla frammentazione in tre o quattro poli delle forze politiche, le elezioni si trasformerebbero in una lotteria. Una forza politica minoritaria che raggiungesse una soglia di voti inferiore al 25% potrebbe ottenere la maggioranza assoluta, impadronendosi del governo e della possibilità di modificare da sola, con la Costituzione, le regole del gioco democratico.
La riforma elettorale da mettere in cantiere, non può inseguire le proposte più insensate di ingegneria istituzionale e non può rinchiudere di nuovo l’elettorato nella camicia di forza di un sistema bipolare che è clamorosamente fallito. Essa deve essere coerente con la Costituzione che, proprio perché considera l’esercizio del voto come dovere civico, pretende che esso sia uguale e che tutti i cittadini abbiano il diritto di essere rappresentati in Parlamento in proporzione dei voti espressi. L’Associazione per la Democrazia Costituzionale chiede che si apra immediatamente un dibattito pubblico nel Parlamento e nel paese per avviare, in modo trasparente, una riforma elettorale che restituisca alla rappresentanza politica la dignità perduta ed al popolo italiano l’agibilità delle istituzioni democratiche.

*Associazione per la Democrazia Costituzionale


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