L’allarme di Servizi Segreti: le cosche si riorganizzano, nel mirino gli enti locali

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di Norma Ferrara
Le mafie non sono in ritirata. Tutt’altro. Lo dicono i Servizi Segreti, oggi Aisi, nella loro relazione annuale consegnata al parlamento. E puntano il dito sulla forza militare, nonostante gli arresti, ancora significativa dei clan della camorra, sulla pervasività dei contatti delle ‘ndrine calabresi con le amministrazioni pubbliche e il rischio, altissimo, rappresentato dai numerosi appalti e subappalti per l’Expo a Milano. Secondo l’intelligence nel nostro Paese la minaccia “più’ insidiosa per il tessuto economico-produttivo resta l’infiltrazione della criminalità’ organizzata di stampo mafioso, sempre più’ pervasiva su tutto il territorio nazionale”. Una risposta chiara a quanti credono che i numerosi arresti, il cambio complessivo di strategia utilizzato dai clan, la pax mafiosa in alcuni territori, possa essere un segnale di ritirata. Non è così – secondo le indicazioni raccolte nella relazione del comparto intelligence, che analizza questo ultimo anno di “sicurezza” nel Paese. Dalla Tav, ai movimenti anarchici, sino a quelli di estrema destra la relazione ripercorre tutti i possibili “rischi” per la nostra democrazia ma ribadisce come al primo posto siano proprio le mafie a rappresentare la minaccia costante più insidiosa.

 Mafie al Nord. I Servizi spiegano nella loro relazione che Cosa nostra,  ’ndrangheta e  camorra, non sono organizzazioni criminali in ritirata, anzi – “l’accentuata mobilita’ territoriale dei sodalizi consente loro di inserirsi ormai agevolmente in circuiti collusivi in grado di soffocare l’imprenditoria sana ed inquinare le iniziative di sviluppo, anche attraverso l’aggiramento della normativa antimafia sugli appalti”. Perciò “rischi in tal senso possono emergere nel quadro di progetti infrastrutturali e finanziari afferenti: grandi opere di edilizia pubblica, specie nella riqualificazione della rete stradale/autostradale e ferroviaria; l’Expo milanese del 2015; il settore delle energie rinnovabili”.

Le mani sull’amministrazione pubblica.  Secondo le indicazioni raccolte dall’Aisi “i gruppi criminali continuano a ricercare contatti collusivi nell’ambito della pubblica amministrazione, funzionali ad assicurarsi canali di interlocuzione privilegiati in grado di agevolare il perseguimento dei loro obiettivi economici e strategici, quali il controllo di interi settori di mercato e il condizionamento dei processi decisionali, specie a livello locale”. In particolare, “crescenti profili di rischio si sono registrati in relazione ai frequenti casi di rapporti strutturali tra gruppi criminali di diversa matrice (specie tra cosche ‘ndranghetiste, cartello casalese e Cosa nostra) spesso nel contesto di ampi network relazionali comprendenti ambiti imprenditoriali e professionali (legali, commerciali, finanziari) amministratori locali e istituti di credito”. Nonostante la carenza di leadership e i vuoti di potere determinatisi a seguito di arresti, condanne e omicidi non si indeboliscono queste organizzazioni criminali, anzi, i vuoti di potere lasciano spazio per l’ascesa “di nuove leve aggressive”, che sono al momento prive di capacità strategica ma che danno vita a scontri diretti che mettono a rischio la sicurezza sui territori. La camorra casalese, in particolare, “nonostante le importanti e destabilizzanti attività’ di contrasto, si conferma dotata di risorse umane, forza militare e capacita’ collusiva e di condizionamento tali da assicurare la persistente operatività  nelle aree di origine e in quelle di proiezione, tra cui Emilia Romagna, Toscana e basso Lazio” . Questi clan – scrivono i Servizi – piu’ in generale appaiono connotati “da una crescente precarizzazione degli assetti clanici che, specie a Napoli nord, sta alimentando conflittualità’ violente per l’assunzione del controllo delle piazze di spaccio”.

Le ‘ndrine si riposizionano. Ma l’attenzione è tutta sul grande pericolo rappresentato dalla ‘ndrangheta. Secondo i Servizi – che hanno analizzato questo ultimo anno di attività criminale delle cosche – “potrebbe avviare un processo di aggiornamento dei modelli organizzativi, gerarchici e gestionali per renderli meno vulnerabili all’azione investigativa e alle scelte collaborative”.  Inoltre, nel documento evidenziano che “‘permane la centralita’ della ‘ndrangheta reggina, nonostante gli arresti eccellenti (tra gli altri quello di Domenico Condello) nell’elaborazione di forme di controllo del territorio e di infiltrazione collusiva nella pubblica amministrazione, sia nell’area di origine sia nelle regioni di proiezione”. Infine, “si registra un ‘crescente attivismo crimino-economico dei sodalizi del crotonese, scenario provinciale assurto a vero e proprio laboratorio di strategie coese tra cosche, volte a favorire la gestione condivisa degli interessi piu’ remunerativi e lo sviluppo di solide reti collusive, anche nelle aree di proiezione”. Non solo l’Italia, per le ‘ndrine gli affari si fanno sempre più all’estero, dove la legislazione antimafia è ancora debole, i flussi di denaro circolano con più facilità e sono operativi numerosi “covi freddi” della ‘ndrangheta pronti ad entrare in azione facilitando business criminali e investimenti economici. Secondo i Servizi la ‘ndrangheta è presente nei “Paesi europei ed extraeuropei, con investimenti e interessi economici in settori sempre più  diversificati’, dall’edilizia pubblica e privata alla ristorazione, dal settore turistico-alberghiero ai rifiuti, dalle energie rinnovabili al gioco”.

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