San Cristoforo, tre proiettili contro il Gapa. I volontari: «Andremo avanti per il quartiere»

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Non siamo degli eroi ma persone che provano ogni giorno a vivere nel quartiere in modo diverso, con la cultura della legalità». Sono queste le parole di Giovanni Caruso de iCordai, giornale con sede all’interno dei locali che ospitano l’associazione GAPA (Giovani assolutamente per agire) nel cuore del quartiere San Cristoforo, colpita la notte di capodanno da tre pallottole. Una ha rotto una finestra, le altre hanno forato il portone di metallo, racconta Domenico Pisciotta, un giovane attivista dell’associazione, nella lettera apparsa sul loro sito. Una pagina che descrive in modo lucido la realtà di San Cristoforo. «Diciottomila abitanti di cui circa il quaranta per cento vive nella paura», aggiunge Caruso. Un commento che, anche a distanza di giorni, non lascia trasparire preoccupazione né stupore per il gesto subito la notte del 31 dicembre. «Non siamo nelle condizioni di poter indicare le motivazioni che hanno portato a questo – dice – Potrebbero essere tante e diverse ma, di certo, non la riteniamo un’azione casuale. Piuttosto, come denunciamo da diversi anni, è lo specchio di un quartiere che versa in uno stato di totale abbandono da parte delle istituzioni e, di conseguenza, è consegnato nelle mani della mafia».

Lo stesso quartiere dove, da ormai venticinque anni, i volontari del GAPA portano avanti un progetto di legalità applicato al territorio, promuovendo attività di doposcuola per i bambini, corsi pratici di lavoro per gli adulti, animazione e spettacolo. «Un passo alla volta, lentamente e con pazienza», dice Giovanni. La vera difficoltà per il gruppo resta, infatti, una: l’abbandono e la povertà del quartiere. Dove «il disagio è tale che l’infelicità delle persone genera odio e aggressività diffuse. Che poi si concretizzano nella realtà quotidiana, fatta di spaccio, rapine e atti vandalici». «Da quando ha chiuso la scuola Andrea Doria – denuncia poi – la zona è sempre meno frequentata e ancora più soggetta a diventare scenario di delinquenza. In questo contesto la nostra presenza risulta scomoda. Fin dall’inizio delle attività nel 1992, ne siamo sempre stati consapevoli. Negli anni il GAPA è stato minacciato più volte e io aggredito personalmente, ma non ci siamo mai fermati».

«Oggi ad inquietarmi di più – continua Giovanni – è l’uso indiscriminato delle armi. Ma soprattutto pensare che abbiano sparato ad altezza uomo e diretti verso la sede dell’associazione». Dove però sono subito riprese le attività di doposcuola. «Ma fa impressione – commenta Caruso – pensare che un proiettile ha attraversato la sala dove ogni giorno ci sono i nostri ragazzi». «Fortunatamente – spiega – a parte la rabbia iniziale di un gruppo di donne che segue le attività dell’associazione, i bambini non hanno percepito tensione. Sono stati resi tutti consapevoli, da subito, di quanto era accaduto. Ma non si è generato nessun timore. Ci difendiamo con la nostra ironia, con l’unione del gruppo che è coeso e ancora più determinato nel portare avanti le attività. E nell’assistere, come possiamo, le famiglie del quartiere. D’altronde – conclude – i danni si riparano, la finestra e la porta si cambiano. Il GAPA è nato come luogo di resistenza e tale rimarrà. Si va avanti».

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