La trattativa inesistente

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Mancano ormai pochi giorni all’approvazione, da parte della Camera dei deputati ormai moritura, della Relazione, già presentata ieri nei tratti essenziali dal presidente Pisanu, della commissione parlamentare antimafia che ha lavorato negli ultimi cinque anni ed ha affrontato temi essenziali di cui uno è sicuramente centrale: l’interrogativo se ci fu e di che genere e con quali soluzioni la trattativa tra Stato e mafia che si sviluppò dalla metà degli anni ottanta al biennio decisivo del ’92-’93. Per molti la fine della “prima repubblica” ma per tutti, comunque,  un tornante decisivo della nostra storia che segna il crollo di una classe politica e l’avvento di quella che molti chiamano  la “svolta populista” che porta nell’aprile 1994 all’ascesa di Silvio Berlusconi.

Come è noto,ormai la magistratura di Palermo ha smontato, e rifatto tre volte, il processo Borsellino. Ha indagato boss mafiosi e politici di grande carriera e notorietà come gli ex ministri Calogero Mancino, Nicola Mannino, Giovanni Conso, ha ipotizzato che anche il presidente della  repubblica Oscar Luigi Scalfaro,scomparso un anno fa,abbia avuto un ruolo importante nella vicenda e potremmo continuare se ci fosse lo spazio sulle ipotesi ricostruttive della procura.

Certo è che per i magistrati palermitani collocati su posizioni diverse(come l’ex procuratore nazionale antimafia Piero Grasso e il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia è già fiorita la polemica sulla relazione di Pisanu)la trattativa c’è stata,ha coinvolto alcune tra le più alte autorità della repubblica e ha condotto a un accordo che ha evitato forse nuove stragi dopo quelle di Capaci e di via d’Amelio ma ha dato ai mafiosi una parziale impunità caratterizzata dal ritiro dei 41 bis a 334 detenuti mafiosi,alla cattura di Provenzano posticipata di alcuni anni,a una legislazione antimafia dopo il 92-93 che ha fatto ottenere  con ogni probabilità a Cosa Nostra importanti concessioni.

Di fronte a un quadro così difficile e ancora oscuro,la commissione presieduta dal senatore Pisanu e composta da una maggioranza di centro-destra uscita dalle elezioni politiche del 2008 (anche se ora il presidente, e altri ,stanno navigando verso il centro di fronte alla sconfitta prevedibile del PDl nelle vicine  elezioni del febbraio 2013),ha accantonato,sia pure con un certo garbo veterodemocristiano,

le ipotesi anche quelle più ragionevoli della procura palermitana ed ha deciso che se vi fu colpa la ebbero non la classe politica nè chi ricopriva cariche ministeriali o ancora più alte ma soltanto i carabinieri e il figlio di Vito Ciancimino definito tout court un “mentitore abituale”.

I politici tutti assolti,lo Stato del tutto estraneo a qualsiasi che possa far parlare di una trattativa,insomma quel che ha accertato la procura non vale nulla e si può concludere il lavoro degli ultimi cinque anni senza rispondere agli interrogativi che quegli anni continuano a porre agli storici,e più in generale agli studiosi dell’Italia contemporanea.

Una sorta, insomma, di rifiuto di affrontare i problemi che il passato ci pone,una netta decisione di non ricevere quel che la magistratura cerca di affrontare da molti anni.

Un rinvio alla prossima legislatura o alle prossime piuttosto che il tentativo di fare un altro piccolo passo avanti verso la ricostruzione di una realtà storica che ci riguarda tutti come cittadini e che dovrebbe costituire una lezione importante per quello che dovrebbe succedere nei prossimi anni se si vuol ricostruire una democrazia a rischio come continua ad essere quella italiana.


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