Giornalismo sotto attacco in Italia

Afghanistan: il regno dei talebani, la tomba dei sogni

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“Ciao Tiziana ho trovato un lavoro, inizio il 22 Agosto. Sono contento, ma se potessi aiutare questa giudice che sta a Kabul mi faresti un gran favore”. Ogni volta che Shafiq mi scrive mi racconta della sofferenza dei suoi familiari e amici a Kabul. Lui ce l’ha fatta a scappare quando i talebani sono tornati al potere, ma in tanti sono stati meno fortunati di lui e della sua famiglia. Autista di inviati Rai in Afghanistan, mi aveva mandato un messaggio di aiuto l’anno scorso in questo periodo e ancora mi pare miracoloso, sono riuscita a farlo partire con moglie sorella e cinque figli. Una bambina è nata lo scorso dicembre qui in Italia. Non è facile la sua vita nel nostro paese, i figli piccoli vanno a scuola, i grandi stanno imparando la lingua e lui finalmente lavorerà.
“Non voglio essere un peso per voi” ogni volta che ci sentivamo  mi diceva. In patria ha lasciato la madre, i fratelli e i tanti cugini e amici che sente sempre e ogni volta è una sofferenza.

Un anno di Talebani al potere in Afghanistan ha portato solo più miseria e più privazioni per gli afghani, con la cancellazione dei diritti più elementari per le donne e l’ imposizione della censura ai giornalisti che vengono picchiati, arrestati e imprigionati. L’Afghanistan tornato nelle mani degli integralisti è un girone dell’inferno  per uomini  donne e bambini, ma un paradiso per terroristi come dimostra l’uccisione del capo di Al Qaida Al Zawahiri  in pieno centro a Kabul, dove era tornato a vivere con la sua famiglia. I talebani avevano promesso di essere diversi, ma in questo anno hanno dimostrato di non essere cambiati e di essere dei bugiardi. Avevano assicurato che avrebbero consentito alle ragazze di andare a scuola e di rispettare i diritti delle donne, ma la prima decisione, dopo avere preso il potere lo scorso 15 agosto, è stata quella di chiudere il ministero delle Donne e sostituirlo con il Ministero del vizio e della virtù. Hanno quindi imposto alle donne  il velo e  il volto coperto, proibito loro di lavorare, di andare a scuola dopo le elementari, di partecipare alla vita politica, di girare da sole, di cantare. Gli uomini che non controllano le loro sorelle madri e mogli sono puniti e imprigionati per tre giorni e se per caso dovessero essere fermati di nuovo  saranno mandati a processo per una punizione ancor più grave. Ragazze coraggiose hanno provato a manifestare anche i giorni   scorsi, ma sono state disperse con violenza dai talebani.

Loro però non si arrendono, perchè  L’Afghanistan è cambiato nei 20 anni di  assenza dei talebani dal potere. Generazioni di afghani e afghane  hanno vissuto in un paese dove gli integralisti erano ancora presenti, ma dove era possibile immaginare un futuro e scegliere la propria strada. Ora tutto questo si è infranto con il ritorno dei peggiori odiatori di donne del pianeta, che hanno però un consenso fragile intorno a loro.  Non a tutti gli afghani piace che le loro figlie non possano andare a scuola. Solo le potenze regionali inoltre  tengono rapporti con il governo afghano composto solo dall’etnia maggioritaria pashtoon e da un mix di talebani e membri del micidiale clan Haqqani responsabile dei più sanguinosi attentati nel paese. I Talebani avrebbero bisogno del riconoscimento della comunità internazionale, ma sinora   sono caduti nel vuoto gli appelli delle Nazioni Unite a fare un governo più inclusivo e rappresentativo delle varie etnie presenti, condizione posta anche per  scongelare i 9 miliardi di fondi internazionali bloccati nelle banche che consentirebbero  di rilanciare l’economia afghana. Il paese infatti è precipitato in una povertà estrema , il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, migliaia di dipendenti pubblici e membri delle forze di sicurezza non hanno più ricevuto lo stipendio, altre migliaia hanno perso il lavoro. Il valore della moneta afghana è crollato e i prezzi del cibo, soprattutto farina e grano, sono andati alle stelle, milioni di bambini sono malnutriti e, sostiene Unicef, rischiano di morire di fame e malattie.

E’ stato un anno drammatico per gli afghani e il futuro è altrettanto cupo. Gli americani dopo l’uccisione del terrorista Al Zawahiri si sono pavoneggiati sostenendo che possono ancora controllare il paese,  senza essere presenti sul territorio. Ma se siamo arrivati a questa tragica situazione, con i terroristi che girano per Kabul, è anche per colpa di quel dissennato accordo siglato a Doha in Qatar tra l’amministrazione Trump e i talebani nel febbraio 2020. Un accordo che ha legittimato i talebani, considerati sino a poco prima terroristi, e poi unici interlocutori degli americani con i quali trattare le condizioni del ritiro dall’Afghanistan. Dopo 20 anni di presenza nel paese, 3 trilioni di dollari  spesi dagli USA, 2500 soldati morti,53 gli italiani, tutti gli stati della coalizione antiterrorismo costituitasi dopo 11 settembre  2001,volevano tornare a casa, ma quello è stato il modo peggiore. Nella trattativa sono stati completamente ignorati i diritti delle donne e mai è stato interpellato il legittimo governo di Kabul. I talebani, in cambio della promessa di non toccare più un soldato internazionale, si sono sentiti liberi di riconquistare il paese e con loro stesso stupore sono arrivati a Kabul prima del previsto. La vergognosa storia della nostra  fuga dal paese, con gli afghani appesi alle ali degli aerei è  storia nota: un pezzo di storia indimenticabile e imbarazzante. E’ l’immagine della nostra sconfitta nel paese soprannominato  La Tomba degli Imperi. E noi occidentali siamo stati solo l’ultimo impero sconfitto. Il ritiro poteva essere fatto meglio e senza quel folle accordo di Doha forse non ci sarebbe stato il ritorno dei talebani al potere e l’Afghanistan non sarebbe diventato il paese con il regime più repressivo del pianeta.


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