Lavorare da casa è meglio o peggio?

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Sembra una domanda oziosa, ma dalle conversazioni (a distanza) tra amici escono cose interessanti. “C’è il vantaggio incredibile della flessibilità – mi dice un’amica che si occupa di gestionale – ma con i figli in casa, vengo distolta troppo spesso. Tutto sarebbe più efficace con loro a scuola o se fossi single”. Un’insegnante la considera una soluzione d’emergenza, “ma non può mai sostituire il contatto fisico con gli studenti. Noi li dobbiamo coinvolgere per farli apprendere. Nel nostro mestiere ci sono le nozioni, ma passano solo se viaggiano sulle emozioni”. Decisamente favorevole l’amico – con figli grandi – che si occupa di progettazione europea: “E’ una meraviglia. Niente traffico per andare in ufficio, cosa che per noi su due ruote a Roma significa più aspettativa di vita. La conciliazione dei tempi privati con quelli lavorativi è perfetta. C’è solo una, come dire.., “sovraesposizione” con mia moglie, anche lei in lavoro agile, che scarica la sua tensione lavorativa nell’altra stanza, ma mi agita lo stesso”.
In generale, tutti sono contenti di essere diventati più abili nelle relazioni digitali, ma il test è troppo falsato dall’anomalia del virus per poterne giudicare i veri effetti. Tuttavia, per molti, rimane l’esigenza di avere due luoghi separati,  per fare due cose separate: un vantaggio di concentrazione nel lavoro e la possibilità di “staccare” quando sei a casa. Per quanto mi riguarda, sono favorevole al lavoro remoto, se le prestazioni sono ben definite. Se invece, il progetto non prevede adempimenti standardizzati, ogni avanzamento di fase richiede un confronto con la squadra e la vicinanza fisica ancora aiuta. Una cosa è certa: il lavoro agile è amico dell’ambiente e l’aria urbana non è mai stata così pulita. Ma proprio in questo momento magico i parchi sono chiusi e le passeggiate (giustamente) contingentate. Pazienza, dopo l’eclissi virale, ci rifaremo per il tempo libero; ma il tempo lavorativo non sarà più lo stesso.

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