“Perché i soldi per ricostruire Gaza non li mette Israele?”: giornalista italiano cacciato dopo questa domanda
“Se la Russia dovrà pagare per la ricostruzione dell’Ucraina, anche Israele dovrà farlo per Gaza?”. È la domanda posta lo scorso 13 ottobre dal giornalista Gabriele Nunziati alla portavoce della Commissione Ue Paula Pinho. La risposta è vaga, il video dello scambio viene ripreso sui social e scatena le polemiche. Una decina di giorni dopo, il giornalista viene licenziato. Tramite fonti interne, Fanpage.it è riuscita a ricostruire cos’è successo.
Qui il link della ricostruzione di Fanpage
L’Agenzia Nova ha inviato una nota in cui fornisce la sua versione dei fatti e che riportiamo di seguito
“Quanto riferito nel vostro articolo risponde solo parzialmente al vero. Il 13 ottobre scorso Gabriele Nunziati, nostro collaboratore, ha posto alla portavoce della Commissione Europea una domanda tecnicamente sbagliata. Egli ha chiesto se la Commissione Ue, ritenendo che la Russia debba pagare i danni di guerra all’Ucraina, non ritenga che anche Israele debba pagare i danni di guerra a Gaza. Il problema è che la Russia – Paese membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e, in quanto tale, uno dei 5 massimi garanti dell’ordine mondiale – ha invaso l’Ucraina, un Paese sovrano, senza essere provocata. Israele, al contrario, ha subito un’aggressione armata. Non sorprende, quindi, che la portavoce non abbia risposto alla domanda, essendo assolutamente fuori luogo e di natura erronea. La differenza tra le posizioni di Russia ed Israele è stata più volte rappresentata al collaboratore il quale, tuttavia, non ha affatto compreso la sostanziale e formale differenza di situazioni, ed ha anzi insistito nel ritenere corretta la domanda posta, mostrandosi così ignaro dei principi fondamentali del diritto internazionale. Quel che è peggio, il video relativo alla sua domanda è stato ripreso e rilanciato da canali Telegram nazionalisti russi e dai media legati all’Islam politico in funzione anti-europea, creando imbarazzo all’agenzia, in quanto fonte primaria attentissima alla propria indipendenza e all’oggettività delle informazioni trasmesse. E’ evidente che il rapporto di fiducia con il collaboratore, in questo contesto, sia venuto a cessare”.
