La leggenda dice che una delle ragioni per cui il 14 luglio del 1789 scoppiò la rivolta del popolo parigino, dando origine alla Rivoluzione Francese, fu una frase della regina Maria Antonietta la quale, siccome non si trovava pane per sfamare le masse disperate della città, rispose ‘Allora diamogli le brioches!’.
Con lo stesso parametro, quale rivolta mondiale, soprattutto di indignazione, dovrebbe scoppiare contro l’arroganza, la violenza, il disprezzo per le istituzioni che favoriscono l’incontro tra i popoli – come l’ONU –, le azioni che periodicamente mettono in campo rappresentanti degli Stati Uniti e di Israele? Israele direttamente contro il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, accusato ripetutamente di ‘antisemitismo’, per le coraggiose prese di posizione contro il massacro dei palestinesi a Gaza. Gli Stati Uniti contro Francesca Abanese con la richiesta di rimozione dall’incarico di Relatrice Speciale sulla condizione umana dei palestinesi nei territori occupati da Israele fin dal 1967.
Quale la colpa della Albanese? Quella di dire la verità sulle stragi, sui bambini uccisi da cecchini mentre cercano qualcosa per sfamare se stessi e le famiglie, ma soprattutto su quali vergognosi interessi economici si stanno sviluppando a favore di aziende che ruotano intorno alle azioni militari israeliane e statunitensi. Ovviamente l’accusa principale contro la Albanese è, anche in questo caso, di ‘antisemitismo’, come se davvero la violenza istituzionale di un governo sionista possa essere ricondotto alla cultura, alla storia, alle tradizioni dell’ebraismo. Ma indirettamente l’atto di accusa statunitense lascia intendere, con grande chiarezza, che è questa parte della relazione fatta dalla Albanese che dà fastidio al potere Usa perché spoglia quelle azioni dell’ipocrisia di facciata con cui viene giustificata la stretta alleanza con Israele.
Vale a dire, ancora una volta, l’interesse prioritario dell’amministrazione Trump: quello del denaro, dei capitali, degli arricchimenti comunque ottenuti.
Detto questo, come fa il governo italiano a riaffermare, ad ogni piè sospinto, che l’alleanza con mr.Trump è solidissima e che Giorgia Meloni è la scudiera più fidata del presidente Usa?
È questa la politica della diplomazia italiana? Quella che non ha nulla da dire contro il continuo tentativo Usa di smantellare l’Onu in modo da poter essere l’incontrastato padrone del mondo? E quanto all’indignazione che ogni italiano prova per il genocidio dei palestinesi, per l’accettazione passiva del riarmo europeo imposto per un immaginario rischio di conflitto con la Russia, per la sudditanza totale, acritica, nei confronti dell’alleato-padrone, quale forma espressiva può trovare se non nelle tantissime manifestazioni di piazza che coinvolgono cittadini d’ogni età e di diverse impostazioni politiche, culturali, religiose?
Perché i sondaggi condotti dalle aziende demoscopiche, invece di limitarsi ad occuparsi delle oscillazioni dei gradimento delle forze politiche non entrano nel merito della volontà popolare su questioni che vengono trattate dal governo di estrema destra come fatto privato, relative solo alla sua visione del mondo fatta di autoritarismo, di carcerazioni, di divieti, di degradanti e accondiscendenti asservimenti, veri tradimenti della storica capacità italiana di dialogare con tutti i popoli, in particolare con quelli dell’area mediterranea?
Ma davvero il popolo italiano può essere rappresentato da chi, oltre a stravolgere i rapporti internazionali, attacca le stesse fondamenta della Repubblica, cercando di riscrivere non solo la Costituzione, ma anche la sua storia che solo nel ventennio fascista conobbe una disponibilità al servilismo pari a quello a cui assistiamo oggi? Solo ‘sì’ di chi sa solo abbassare la testa, senza alcuna capacità creativa e autonoma. Rischiamo di essere seppelliti da macerie culturali e diplomatiche, mentre ci rendiamo ridicoli con la proposta di assegnare alla Meloni il Nobel per l’economia.
Quando quest’insulsa ubriacatura sarà finita bisognerà davvero rimboccarsi le maniche per una ricostruzione dell’Italia, morale, oltre che politica.