“Breve ma intenso”: il coraggio di un amore controcorrente 

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Di tutte le opere pubblicate finora da Debora Scalzo, scrittrice, regista e molto altro ancora, “Breve ma intenso”, in uscita il prossimo 6 luglio per Santelli editore (prefazione di Simone Montedoro), è senza dubbio la più profonda. Profonda perché, pur essendo un’opera di fantasia e un omaggio all’Arma dei Carabinieri, ci dice molto di lei, profonda perché lirica e attenta ai dettagli, profonda infine perché narra la vicenda di una regista e di un colonnello dei Carabinieri, vincolati da un amore ai limiti dell’impossibile (una delle fonti d’ispirazione dell’autrice,  per sua stessa ammissione, è stata “Pane, amore e…”, caposaldo della commedia allitaliana con Vittorio De Sica e Sofia Loren). Una romanzo intimo e sentimentale, dunque, ma non solo. Diciamo che quello di Debora è un inno all’autenticità e un rifiuto degli stereotipi, caratterizzato dal coraggio, oggettivamente raro, di sfidare ogni pregiudizio e compiere una sorta di elogio della fragilità e dell’importazione. E fra le pagine del romanzo a sbandare non sono solo i protagonisti ma anche chi legge, immerso in una storia dal ritmo avvincente che chiama a sé come una sirena e non ti molla finché non scopri come va a finire questo vortice di passione figlio di una terra, la Sicilia, dalle mille sfaccettature e di una serie di incontri, traversie e rotture che compongono un quadro d’insieme frastagliato. Diciamo anche che se dovessimo paragonarlo a una corrente pittorica, potremmo definire il nuovo romanzo di Debora Scalzo un’opera cubista, nel senso di una costante scomposizione di piani, immagini, sguardi, analisi e visioni, in una mancanza di unità d’insieme che è alla base della complessità di una scrittura particolare. L’autrice, infatti, non vuole sorprendere, anche se alla fine ci riesce, ma narrare una storia nella quale possiamo riconoscerci tutti: la storia di un amore ai limiti dell’impossibile, una storia di paura e coraggio ma, più che mai, un incontro fra opposti che, come spesso accade nella vita reale, si attraggono, fino a non poter più fare a meno l’uno dell’altro. Lei, Debora, è, come detto, una regista tormentata, dai tratti felliniani, colta in un momento di crisi personale e artistica, con troppe idee in testa per poterle realizzare tutte e in una fase di svolta cui non sa come fare fronte. Lui, Salvatore, è un colonnello dei Carabinieri dall’esistenza abitudinaria, ai limiti della noia, con un matrimonio ormai scoppiato e una crisi dell’età matura cui cerca di sfuggire in tutti i modi, salvo non riuscire a controllare i sentimenti. E così, l’artista in cerca di normalità e il colonnello in cerca di evasione si afferranno, si lasciano, si riprendono, si sfiorano, soffrono, incrociano i propri destini e mettono in scena una storia in cui molte e molti ritroveranno qualcosa di sé. Debora Scalzo, infatti, ha avuto il merito di scrivere un romanzo che parla al cuore di persone insospettabili, rivelandoci una parte di noi che non conoscevamo o che abbiamo sempre cercato di tenere a freno, salvo non esserne capaci perché i sentimenti seguono percorsi irrazionali.

“Non c’è amore senza paura, e non c’è paura senza coraggio”, per l’appunto. E in una società nella quale c’è da aver paura di parecchie cose, sia lode al coraggio di chi ha avuto la forza di valorizzare il lato umano delle persone, dando vita a una narrazione terribilmente imperfetta e per questo affascinante. È un’esperienza breve ma intensa, rivelatrice. Può valere una vita o, quanto meno, darle un senso.


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