Bisogna essere ciechi e sordi politicamente, oppure complici e alleati di questa destra destra che ci governa, per non voler cogliere i segnali di rivolta democratica che giorno dopo giorno si stanno manifestando nel Paese.
E non mi riferisco solo alle piazze nelle quali in poche settimane si sono radunate centinaia di migliaia di persone per sostenere la Pace, contro il folle riarmo, per fermare lo sterminio dei palestinesi, per il sacrosanto rispetto della Costituzione. Propongo invece una riflessione su due manifestazioni-simbolo che si sono susseguite poche ore l’una dall’altra.
La prima, alla Festassemblea di Articolo 21 con l’entusiastica partecipazione di quasi duecento persone. La seconda, in una delle più importanti sedi istituzionali, il Senato della Repubblica.
Dalla Festa di Articolo 21, come ha sottolineato efficacemente Giuseppe Giulietti, “è nata la rete europea per il pensiero critico contro guerre, bavagli censure”. Non solo. È stato ribadito l’impegno forte, “senza arcaiche distinzioni corporative”, a tutelare la Costituzione antifascista, pacifista, antirazzista “di fronte ad una aggressione senza precedenti che punta a colpire la divisione dei poteri, a indebolire ogni controllo, a recidere le radici della Costituzione”. Tutto questo alla presenza di importanti esponenti della magistratura, dell’associazionismo, del mondo religioso ma, soprattutto, delle rappresentanze studentesche di due storici licei romani.
Principi di libertà che trovano nel giornalismo, nell’informazione uno dei più significativi baluardi. Allora, perché sono state organizzate le azioni di spionaggio contro chi con coraggio e determinazione esercita questa professione, uno degli strumenti più efficaci della democrazia? La richiesta, fatta con grande energia, è stata rivolta alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni dal senatore ed ex presidente del consiglio Matteo Renzi.”Perché da sei mesi a questa parte si spiano i giornalisti? Perché non ha chiamato Cancellato e D’Agostino per scusarsi? Non dico che li avete spiati voi, ma non avete controllato che i giornalisti non si spiassero. In un Paese civile la politica (Paragon, nda) non controlla i giornalisti”.
Nessuna risposta da parte della Meloni, silenzio oltremodo preoccupante.
All’atto d’accusa di un’associazione democratica e di base come Articolo 21, che peraltro aveva già denunciato da tempo il caso Paragon, si aggiunge quello vigoroso, ufficiale pronunciato nell’austero Senato della Repubblica. Segnali importanti del rifiuto di una passiva accettazione dei come questa destra sta gestendo il potere. Come se si trattasse di una sua proprietà personale, libera da controlli, vincoli, doveri. Il fenomeno si sta accentuando e per questo la risposta democratica del Paese si sta articolando con maggiore costanza e puntualità avendo per protagonisti anche gli studenti e le associazioni di base.