Se accettiamo con indifferenza che il diritto alla difesa di un popolo passi attraverso lo sterminio e la deportazione di un altro; se accettiamo che i neonati e i bambini siano eliminabili perché potenziali terroristi non abbattiamo soltanto il diritto internazionale e quello umanitario. Abbattiamo anche i caposaldi della civiltà. A Gaza si decide il destino di due milioni di esseri umani, si decide anche il futuro dell’umanità.
Faticosamente la comunità internazionale ha fissato limiti insuperabili. Israele li ha superati tutti assediando Gaza, bombardandola senza sosta per mesi, affamando la popolazione.
Le immagini di disperati rinchiusi all’interno di odiose recinzioni, spinti a camminare sotto il sole e senza acqua a percorrere chilometri per una scatola di cibo ripropongono, drammaticamente, tappe passate dell’umanità che pensavamo di non dover più vivere. Disperati colpiti, anche a morte, per mantenere l’ordine durante la distribuzione di quel poco che possono avere. Pochi i camion autorizzati ad entrare con il carico di aiuti umanitari, poco il cibo, pochi i medicinali, poche le speranze di vita. Gaza distrutta sta diventando un grande campo di concentramento.
Non è guerra perché in campo c’è solo un esercito, un esercito munito di mezzi sofisticati, aerei, carri armati, elicotteri, droni. Non è guerra perché donne e bambini non possono difendersi.
In Cisgiordania Israele ha deciso 22 nuovi insediamenti dei coloni, in barba alle risoluzioni dell’Onu, in un territorio che non gli appartiene e che occupa illegalmente.
Il silenzio intollerabile del Governo italiano, della Comunità europea e di gran parte di quella internazionale stride con la presa di coscienza di parti sempre più ampie della società civile, di cittadini che non vogliono essere complici del genocidio più documentato della storia dell’umanità. Malgrado Israele abbia ucciso, deliberatamente, oltre 200 giornalisti palestinesi insieme alle loro famiglie e malgrado impedisca, ancora, l’ingresso della stampa internazionale nella striscia.
Le nostre coscienze non possono essere tacitate. Occorre una più forte pressione popolare perché si sanzioni Israele, si fermi il massacro, si salvino i sopravvissuti, si impedisca ogni progetto di deportazione.
Per tutto questo sarò in piazza oggi a Roma nella manifestazione unitaria indetta da PD, M5S e AVS, con i cittadini che, come me, credono ancora nell’umanità e nella giustizia.