Partigiano, pacifista, instancabile predicatore dell’incontro e non dello scontro tra i popoli, costruttore di ponti e non di muri, demolitore di armamenti e riarmi, sempre dalla parte degli umili, dei poveri e dell’accoglienza, contro ogni forma di ‘scarto’ dell’umanità. In dodici anni di pontificato non ha mai fatto mancare la sua voce, vibrante, determinata nel marcare il cammino di una missione incardinata sempre ed esclusivamente sul Vangelo. Valori dell’uomo e per l’uomo ribaditi fino all’ultimo, in quel messaggio del giorno di Pasqua che è parso immediatamente il suo testamento spirituale, scandito, in ogni parte determinante, con moniti severi, senza indulgenze o incertezze.
Quel documento dovrebbe trovare un posto privilegiato tra i discorsi preparatori delle celebrazioni per l’80º anniversario della liberazione perché ribadiva con forza la condanna inequivoca delle nefandezze che portarono alla seconda guerra mondiale, nefandezze spazzate via dalla lotta partigiana contro il nazifascismo, ma che oggi rischiano di riproporsi.
Perché usare il condizionale, invece di un indicativo pieno di certezze? Perché con la scusa del lutto e del dolore, tanti, diversi poteri interessati a mettere ancora una volta la sordina alle parole di Francesco, e alla ricostruzione storica di cosa fu il nazifascismo, cercheranno di depotenziare le manifestazioni del 25 aprile.
Bisognerà quindi impegnarsi per conseguire il risultato opposto. Anche nel nome del suo coraggio, della sua battaglia interminabile per la pace, contro le bombe e i massacri di donne, anziani, bambini. E contro chi, nemmeno di fronte alla morte, cerca un modo per tentare di oscurarne la memoria. Come la deputata repubblicana Usa, Marjorie Taylor Greene, fedelissima di Trump, il prelato scomunicato Carlo Maria Viganò o il ministero degli esteri d’Israele che ha fatto cancellare dai siti delle ambasciate di tutto il mondo la frase “Riposa in pace, Papa Francesco. Che la sua memoria sia una benedizione”.
E senza dimenticare le innumerevoli ipocrisie che si ripeteranno nei giorni che precederanno le esequie. In quanti cercheranno di accreditarsi come estimatori di Francesco dopo averlo contrastato per tutta la vita, dopo essersi sempre rifiutati di impegnarsi per accogliere i suoi inviti, le sue suppliche, senza mai adoperarsi realmente per combattere guerre e massacri?
Anche contro gli ipocriti e i farisei dovremo portare alte le bandiere della pace ovunque ci ritroveremo per celebrare gli 80 anni dalla liberazione e per riaffermare la nostra totale condivisione della visione solidale dell’umanità predicata senza tregua da Francesco. Certo, senza di lui sarà ancor più difficile, ma dovremo convincerci che quella è l’unica strada possibile da percorrere per garantire un futuro al pianeta, ai nostri figli, ai nostri nipoti. Proprio come nelle pagine profetiche scritte da Francesco in Laudato sì e Fratelli tutti.
